
«Perché la Regione Lazio non si è costituita parte civile al processo per l’inquinamento della Valle del sacco», se lo chiede la onlus Retuvasa, la Rete per la tutela della Valle del Sacco di cui è presidente Alberto Valleriani che invece, è stata ammessa al processo come parte offesa insieme a Wwf, Codici, Ugi di Colleferro, Legambiente. Ammessi anche i Comuni di Segni, Gavignano e Colleferro, insieme a quelli ciociari di Paliano e Anagni; ammesse anche le Provincie di Roma e Frosinone benché la maggior parte dei danni li abbiano subiti proprio i territori ciociari.
Associazioni ed enti riconosciuti come parte offesa saranno al processo che inizierà il prossimo 28 ottobre al Tribunale di Velletri e che vede imputati quattro dirigenti d’azienda accusati di disastro colposo e avvelenamento delle acque. (segue – leggi tutto)

«Perché la Regione Lazio non si è costituita parte civile al processo per l’inquinamento della Valle del sacco», se lo chiede la onlus Retuvasa, la Rete per la tutela della Valle del Sacco di cui è presidente Alberto Valleriani che invece, è stata ammessa al processo come parte offesa insieme a Wwf, Codici, Ugi di Colleferro, Legambiente. Ammessi anche i Comuni di Segni, Gavignano e Colleferro, insieme a quelli ciociari di Paliano e Anagni; ammesse anche le Provincie di Roma e Frosinone benché la maggior parte dei danni li abbiano subiti proprio i territori ciociari.
Associazioni ed enti riconosciuti come parte offesa saranno al processo che inizierà il prossimo 28 ottobre al Tribunale di Velletri e che vede imputati quattro dirigenti d’azienda accusati di disastro colposo e avvelenamento delle acque. (segue – leggi tutto)
«Davvero è alquanto anomala l’assenza della Regione Lazio tra le parti civili, visto l’impegno economico sostenuto nelle operazioni di bonifica oltre che naturalmente come esempio di tutela degli interessi pubblici – commentano da Retuvasa – Un iter durato più di un anno che ha sortito l’effetto desiderato e cioè la ricerca dei responsabili di un disastro, già annunciato da una sentenza del 1993, ribadito dalla Commissione Bicamerale sui rifiuti nel 1998 e, ci auguriamo, portato a prima fase di compimento dall’apertura dibattimentale del processo. L’interramento dei fusti tossici nei siti Arpa1 e Arpa2 del sito industriale di Colleferro, ha prodotto contaminazione di acque, terreni ed esseri umani nel bacino del fiume Sacco: l’avvelenamento ha percorso tutta la rete ecologica che lega acque, territorio ed ogni forma di vita».
Il processo è stato una battaglia, anche sul fronte delle parti civili. «Hanno cercato di estrometterci – racconta Valleriani – sostenendo che siamo una associazione che si è costituita dopo il disastro ambientale, ma il giudice ha respinto questa tesi e ci ha ammesso spiegando che siamo una associazione che ha lavorato in questi anni per l’interesse dei cittadini ed è importante la nostra presenza».
Dal 28 novembre la battaglia continuerà in aula. «Sarà un momento importante. Anche perché ancora oggi è difficile prevedere durata e gravità dei danni inferti alla natura ed agli esseri umani, trasformati in marcatori biologici dell’inquinamento – commentano da Retuvasa – Non solo è necessario un continuo perfezionamento delle norme, ma ancor di più la crescita della consapevolezza dei cittadini che debbono essere protagonisti di una continua attività di controllo».
«I cittadini sono chiamati non solo ad attività di controllo ma anche alla riprogettazione degli assetti territoriali e delle attività economiche su cui rifondare il benessere delle comunità», sostengono da Retuvasa. «Il vecchio modello di sviluppo è imploso, con un lascito drammatico di cui si comincia a prendere atto a tutti i livelli – aggiunge l’associazione che opera tra Anagni, Ferentino e Colleferro – Quanto avvenuto non ha però, almeno per il momento, insegnato nulla. Presentazione di progetti con possibili futuri carichi a danno di ambiente e salute vengono ancora autorizzati su territori già sensibilmente provati, vedi turbogas di Colleferro. O ancora consumo di suolo senza freno e senza senso, (vedi parco fotovoltaico da 71 ettari a Colleferro, su un terreno agricolo). Oppure riproposte indecenti di improbabili aeroporti mentre resta ancora irrisolto il grave problema delle PM10 in tutta la Valle e della salute della popolazione. La risposta ad una crisi globale che è crisi particolare del nostra territorio è ancora il saccheggio di ogni risorsa naturale, di ogni bene comune privo di prospettive future che non sia una eredità di malattia e distruzione delle risorse ambientali».
«Per questo la Rete per la Tutela della Valle del Sacco e l’Unione Giovani Indipendenti, si sono costituiti parte civile nel processo Valle del Sacco – spiega il presidente Valleriani – Questo atto è stato un primo passo per rivendicare il diritto alla ricostruzione degli eventi che sono sottoposti a processo, la completa ricostruzione delle responsabilità, ma ancor di più l’avvio di un nuovo protagonismo dei cittadini, dei territori e delle comunità in tutte le loro forme di associazione, mobilitazione e democrazia partecipativa».