Comunicato Stampa
Rete per la Tutela della Valle del Sacco
SIN Valle del Sacco:
il Ministero torna titolare, ricostituzione delle speranze di bonifica o dello scaricabarile?
In data 16 luglio 2014, a seguito del pronunciamento del TAR Lazio circa il relativo ricorso promosso dalla Regione Lazio, a cui si è aggiunta ad adiuvandum la nostra associazione, è stato di fatto reintegrato il Sito di Bonifica di Interesse Nazionale (SIN) della Valle del Sacco, depennato inopportunamente dalla lista dei SIN di competenza del Ministero dell’Ambiente in data 11 gennaio 2013 (e dunque transitoriamente declassato a Sito di Interesse Regionale). Pendendo l’esito di un eventuale ricorso al Consiglio di Stato, è stata dunque anche ristabilita la titolarità ministeriale del SIN, come riconosciuto dallo stesso Ministero dell’Ambiente in sede della riunione tecnica preliminare tenutasi in data 8 settembre 2014 (partecipanti: Regione, Arpa, Provincia FR, ASL RM G, ASL RM E; assenti: Provincia RM, ISS, ISPRA).
In occasione della sentenza del 16 luglio 2014, abbiamo espresso la speranza che ciò potesse tradursi con una certa celerità in concreti benefici socio-ambientali per la nostra Valle, inquinata a causa del disprezzo degli interessi industriali per la tutela della salute della popolazione e dell’inerzia (se non delle connivenze) delle pubbliche amministrazioni.
Ricordiamo la vicenda per sommi capi, non è facile per chi non la segue quotidianamente orientarsi in tale confusione.
Nonostante la Corte di Cassazione del Tribunale di Velletri avesse emanato nel 1993 l’obbligo di bonifica dei 4 ettari di area dell’agro colleferrino gravemente contaminata da discariche illecite prodotte dall’industria locale, la Regione Lazio, pur approntando un piano di bonifica, lo lasciava sulla carta.
Gli inquinanti determinavano alla fine la contaminazione dell’acquifero: isomeri del lindano (in particolare il beta-esaclorocicloesano), parenti del DDT, si rilevavano a più riprese a partire dal 2004 nello stesso fiume Sacco, fino al definitivo accertamento della presenza del contaminante nel latte bovino in area vasta. La Presidenza del Consiglio dei Ministri riconosceva con decreto 19 maggio 2005 lo stato di emergenza socio-economico-ambientale per l’area di 9 Comuni delle province di Roma e Frosinone, estesa tardivamente, in data 31 ottobre 2010, ad altri 11 Comuni del Frusinate, con estensione finale dell’area ripariale necessitante bonifica da Colleferro a Falvaterra (confluenza del fiume Sacco con il fiume Liri).
La suddetta area era gestita da preposto Ufficio Commissariale, il quale a nostro avviso operava positivamente in relazione alla messa in sicurezza d’emergenza della fonte della contaminazione, negativamente in relazione al risanamento agro-ambientale della fascia ripariale del fiume Sacco, anche per la sovrapposizione di competenze con la Regione Lazio e lo storno di fondi ministeriali già stanziati da parte del governo. Tale risanamento non è ancora iniziato, nonostante siano trascorsi quasi dieci anni dal riconoscimento dello stato di emergenza. Benché la bonifica non fosse conclusa, l’ultima proroga delle attività dell’Ufficio Commissariale scadeva il 31 ottobre 2012.
Nonostante l’area di pertinenza commissariale fosse già stata riconosciuta come SIN in data 2 dicembre 2005, il 31 gennaio 2008 il Ministero dell’Ambiente avviava l’istituzione di un ulteriore enorme SIN collegato, distinto però dall’area precedente e di propria diretta competenza, comprendente, in perimetrazione provvisoria, l’intero bacino imbrifero del fiume Sacco, per un totale di ulteriori 51 Comuni, al fine di appurare l’eventuale presenza di altre situazioni di inquinamento di interesse nazionale. L’incarico di sub-perimetrare tale vastissima area, al fine di identificare le aree rilevanti per attività di messa in sicurezza d’emergenza, caratterizzazione, bonifica e ripristino ambientale, veniva affidato, da convenzione tra Ministero dell’Ambiente, Regione Lazio e ARPA Lazio, all’ARPA sezione di Frosinone, che lo concludeva in termini inadeguati e fallimentari, tanto da indurre il Ministero a non corrispondere l’ultima tranche del relativo finanziamento nell’agosto 2014.
Veniamo al presente. Le prime battute del neoricostituito SIN ministeriale sembrano seguire il solito copione: da un lato pochi uffici o meglio singoli tecnici coscienziosi e seri, cui va la nostra stima; dall’altro inefficienze amministrative, sovrapposizione di competenze e scaricabarile. In particolare, si profilano due ordini di questioni delicatissime da risolvere quanto prima.
1. La nuova perimetrazione del SIN. Paradossalmente, si è tornati indietro, dalla subperimetrazione alla perimetrazione. Si tratta cioè di riconsiderare daccapo la stessa definizione dei Comuni inclusi e relative aree. Ad esempio, il Comune di Ferentino, prima escluso dal SIN (ma presente nell’area emergenziale) dovrebbe rientrare nel SIN, in quanto la presenza di aree contaminate da amianto (ex Cemamit) rientra nei relativi parametri istitutivi. Naturalmente ciò rappresenta sulla carta l’opportunità di risolvere problematiche ambientali di grande rilievo. Non pare però si proceda come opportuno. La perimetrazione è stata affidata, come da riunione tecnica dell’8 settembre 2014, alla Regione Lazio; successivamente dalla Regione ad ARPA. Quest’ultima pare non abbia ancora inviato la propria proposta di perimetrazione al Ministero, nonostante il tempo scaduto e ripetuti solleciti.
2. La certificazione del barrieramento idraulico definitivo della zona contaminata a protezione dell’acquifero di Colleferro. I relativi lavori, finanziati da ingenti fondi pubblici e privati (SE.CO.SV.IM.), sono stati diretti dall’Ufficio Commissariale. Tale barrieramento definitivo, ormai completato da circa 2 anni, non può entrare in funzione in quanto la Provincia di Roma si rifiuta di riconoscere la propria relativa competenza, che sembra chiaramente stabilita dalla normativa e che non ci sembra sia mai stata messa in discussione per gli altri SIN. Rimane dunque in funzione il barrieramento idraulico provvisorio, che naturalmente offre minori garanzie, e peraltro con autorizzazione formalmente scaduta. La ASL RMG ha più volte espresso preoccupazione per la situazione dell’acquifero comunale, in relazione alla mancata autorizzazione dell’entrata in opera del barrieramento idraulico definitivo e al mancato avvio della bonifica degli acquiferi sottesi ad alcune porzioni dell’area contaminata.
ASL RMG e RME chiedono inoltre, nella riunione tecnica dell’8 settembre 2014, che le attività di bio-monitoraggio sulla popolazione della Valle del Sacco vengano estese su una porzione più ampia del territorio, ricercando ulteriori sostanze inquinanti.
I primi vagiti del reintegrato SIN sembrano in sostanza riprodurre le dinamiche del passato, aggravate dagli odierni problemi che affliggono tutti gli enti pubblici e di controllo, privi di risorse e disorientati da continui provvedimenti legislativi al ribasso. La farraginosa sovrapposizione delle competenze e l’inerzia amministrativa sembrano potersi superare in primo luogo puntando su una maggiore assunzione di responsabilità da parte degli enti locali, anche attraverso l’istituzione di forme più efficaci di coordinamento, e soprattutto sulla partecipazione ai processi decisionali delle associazioni territoriali, investendo inoltre sulla formazione di un’opinione pubblica consapevole. Viceversa, le associazioni non potranno fare altro che tentare di correggere le storture dell’azione amministrativa in sede giudiziaria.
In occasione della sentenza del 16 luglio 2014, abbiamo espresso la speranza che ciò potesse tradursi con una certa celerità in concreti benefici socio-ambientali per la nostra Valle, inquinata a causa del disprezzo degli interessi industriali per la tutela della salute della popolazione e dell’inerzia (se non delle connivenze) delle pubbliche amministrazioni.
Ricordiamo la vicenda per sommi capi, non è facile per chi non la segue quotidianamente orientarsi in tale confusione.
Nonostante la Corte di Cassazione del Tribunale di Velletri avesse emanato nel 1993 l’obbligo di bonifica dei 4 ettari di area dell’agro colleferrino gravemente contaminata da discariche illecite prodotte dall’industria locale, la Regione Lazio, pur approntando un piano di bonifica, lo lasciava sulla carta.
Gli inquinanti determinavano alla fine la contaminazione dell’acquifero: isomeri del lindano (in particolare il beta-esaclorocicloesano), parenti del DDT, si rilevavano a più riprese a partire dal 2004 nello stesso fiume Sacco, fino al definitivo accertamento della presenza del contaminante nel latte bovino in area vasta. La Presidenza del Consiglio dei Ministri riconosceva con decreto 19 maggio 2005 lo stato di emergenza socio-economico-ambientale per l’area di 9 Comuni delle province di Roma e Frosinone, estesa tardivamente, in data 31 ottobre 2010, ad altri 11 Comuni del Frusinate, con estensione finale dell’area ripariale necessitante bonifica da Colleferro a Falvaterra (confluenza del fiume Sacco con il fiume Liri).
La suddetta area era gestita da preposto Ufficio Commissariale, il quale a nostro avviso operava positivamente in relazione alla messa in sicurezza d’emergenza della fonte della contaminazione, negativamente in relazione al risanamento agro-ambientale della fascia ripariale del fiume Sacco, anche per la sovrapposizione di competenze con la Regione Lazio e lo storno di fondi ministeriali già stanziati da parte del governo. Tale risanamento non è ancora iniziato, nonostante siano trascorsi quasi dieci anni dal riconoscimento dello stato di emergenza. Benché la bonifica non fosse conclusa, l’ultima proroga delle attività dell’Ufficio Commissariale scadeva il 31 ottobre 2012.
Nonostante l’area di pertinenza commissariale fosse già stata riconosciuta come SIN in data 2 dicembre 2005, il 31 gennaio 2008 il Ministero dell’Ambiente avviava l’istituzione di un ulteriore enorme SIN collegato, distinto però dall’area precedente e di propria diretta competenza, comprendente, in perimetrazione provvisoria, l’intero bacino imbrifero del fiume Sacco, per un totale di ulteriori 51 Comuni, al fine di appurare l’eventuale presenza di altre situazioni di inquinamento di interesse nazionale. L’incarico di sub-perimetrare tale vastissima area, al fine di identificare le aree rilevanti per attività di messa in sicurezza d’emergenza, caratterizzazione, bonifica e ripristino ambientale, veniva affidato, da convenzione tra Ministero dell’Ambiente, Regione Lazio e ARPA Lazio, all’ARPA sezione di Frosinone, che lo concludeva in termini inadeguati e fallimentari, tanto da indurre il Ministero a non corrispondere l’ultima tranche del relativo finanziamento nell’agosto 2014.
Veniamo al presente. Le prime battute del neoricostituito SIN ministeriale sembrano seguire il solito copione: da un lato pochi uffici o meglio singoli tecnici coscienziosi e seri, cui va la nostra stima; dall’altro inefficienze amministrative, sovrapposizione di competenze e scaricabarile. In particolare, si profilano due ordini di questioni delicatissime da risolvere quanto prima.
1. La nuova perimetrazione del SIN. Paradossalmente, si è tornati indietro, dalla subperimetrazione alla perimetrazione. Si tratta cioè di riconsiderare daccapo la stessa definizione dei Comuni inclusi e relative aree. Ad esempio, il Comune di Ferentino, prima escluso dal SIN (ma presente nell’area emergenziale) dovrebbe rientrare nel SIN, in quanto la presenza di aree contaminate da amianto (ex Cemamit) rientra nei relativi parametri istitutivi. Naturalmente ciò rappresenta sulla carta l’opportunità di risolvere problematiche ambientali di grande rilievo. Non pare però si proceda come opportuno. La perimetrazione è stata affidata, come da riunione tecnica dell’8 settembre 2014, alla Regione Lazio; successivamente dalla Regione ad ARPA. Quest’ultima pare non abbia ancora inviato la propria proposta di perimetrazione al Ministero, nonostante il tempo scaduto e ripetuti solleciti.
2. La certificazione del barrieramento idraulico definitivo della zona contaminata a protezione dell’acquifero di Colleferro. I relativi lavori, finanziati da ingenti fondi pubblici e privati (SE.CO.SV.IM.), sono stati diretti dall’Ufficio Commissariale. Tale barrieramento definitivo, ormai completato da circa 2 anni, non può entrare in funzione in quanto la Provincia di Roma si rifiuta di riconoscere la propria relativa competenza, che sembra chiaramente stabilita dalla normativa e che non ci sembra sia mai stata messa in discussione per gli altri SIN. Rimane dunque in funzione il barrieramento idraulico provvisorio, che naturalmente offre minori garanzie, e peraltro con autorizzazione formalmente scaduta. La ASL RMG ha più volte espresso preoccupazione per la situazione dell’acquifero comunale, in relazione alla mancata autorizzazione dell’entrata in opera del barrieramento idraulico definitivo e al mancato avvio della bonifica degli acquiferi sottesi ad alcune porzioni dell’area contaminata.
ASL RMG e RME chiedono inoltre, nella riunione tecnica dell’8 settembre 2014, che le attività di bio-monitoraggio sulla popolazione della Valle del Sacco vengano estese su una porzione più ampia del territorio, ricercando ulteriori sostanze inquinanti.
I primi vagiti del reintegrato SIN sembrano in sostanza riprodurre le dinamiche del passato, aggravate dagli odierni problemi che affliggono tutti gli enti pubblici e di controllo, privi di risorse e disorientati da continui provvedimenti legislativi al ribasso. La farraginosa sovrapposizione delle competenze e l’inerzia amministrativa sembrano potersi superare in primo luogo puntando su una maggiore assunzione di responsabilità da parte degli enti locali, anche attraverso l’istituzione di forme più efficaci di coordinamento, e soprattutto sulla partecipazione ai processi decisionali delle associazioni territoriali, investendo inoltre sulla formazione di un’opinione pubblica consapevole. Viceversa, le associazioni non potranno fare altro che tentare di correggere le storture dell’azione amministrativa in sede giudiziaria.
Valle del Sacco, 02.11.14
Comunicato Stampa
Rete per la Tutela della Valle del Sacco
SIN Valle del Sacco:
il Ministero torna titolare, ricostituzione delle speranze di bonifica o dello scaricabarile?
In data 16 luglio 2014, a seguito del pronunciamento del TAR Lazio circa il relativo ricorso promosso dalla Regione Lazio, a cui si è aggiunta ad adiuvandum la nostra associazione, è stato di fatto reintegrato il Sito di Bonifica di Interesse Nazionale (SIN) della Valle del Sacco, depennato inopportunamente dalla lista dei SIN di competenza del Ministero dell’Ambiente in data 11 gennaio 2013 (e dunque transitoriamente declassato a Sito di Interesse Regionale). Pendendo l’esito di un eventuale ricorso al Consiglio di Stato, è stata dunque anche ristabilita la titolarità ministeriale del SIN, come riconosciuto dallo stesso Ministero dell’Ambiente in sede della riunione tecnica preliminare tenutasi in data 8 settembre 2014 (partecipanti: Regione, Arpa, Provincia FR, ASL RM G, ASL RM E; assenti: Provincia RM, ISS, ISPRA).
In occasione della sentenza del 16 luglio 2014, abbiamo espresso la speranza che ciò potesse tradursi con una certa celerità in concreti benefici socio-ambientali per la nostra Valle, inquinata a causa del disprezzo degli interessi industriali per la tutela della salute della popolazione e dell’inerzia (se non delle connivenze) delle pubbliche amministrazioni.
Ricordiamo la vicenda per sommi capi, non è facile per chi non la segue quotidianamente orientarsi in tale confusione.
Nonostante la Corte di Cassazione del Tribunale di Velletri avesse emanato nel 1993 l’obbligo di bonifica dei 4 ettari di area dell’agro colleferrino gravemente contaminata da discariche illecite prodotte dall’industria locale, la Regione Lazio, pur approntando un piano di bonifica, lo lasciava sulla carta.
Gli inquinanti determinavano alla fine la contaminazione dell’acquifero: isomeri del lindano (in particolare il beta-esaclorocicloesano), parenti del DDT, si rilevavano a più riprese a partire dal 2004 nello stesso fiume Sacco, fino al definitivo accertamento della presenza del contaminante nel latte bovino in area vasta. La Presidenza del Consiglio dei Ministri riconosceva con decreto 19 maggio 2005 lo stato di emergenza socio-economico-ambientale per l’area di 9 Comuni delle province di Roma e Frosinone, estesa tardivamente, in data 31 ottobre 2010, ad altri 11 Comuni del Frusinate, con estensione finale dell’area ripariale necessitante bonifica da Colleferro a Falvaterra (confluenza del fiume Sacco con il fiume Liri).
La suddetta area era gestita da preposto Ufficio Commissariale, il quale a nostro avviso operava positivamente in relazione alla messa in sicurezza d’emergenza della fonte della contaminazione, negativamente in relazione al risanamento agro-ambientale della fascia ripariale del fiume Sacco, anche per la sovrapposizione di competenze con la Regione Lazio e lo storno di fondi ministeriali già stanziati da parte del governo. Tale risanamento non è ancora iniziato, nonostante siano trascorsi quasi dieci anni dal riconoscimento dello stato di emergenza. Benché la bonifica non fosse conclusa, l’ultima proroga delle attività dell’Ufficio Commissariale scadeva il 31 ottobre 2012.
Nonostante l’area di pertinenza commissariale fosse già stata riconosciuta come SIN in data 2 dicembre 2005, il 31 gennaio 2008 il Ministero dell’Ambiente avviava l’istituzione di un ulteriore enorme SIN collegato, distinto però dall’area precedente e di propria diretta competenza, comprendente, in perimetrazione provvisoria, l’intero bacino imbrifero del fiume Sacco, per un totale di ulteriori 51 Comuni, al fine di appurare l’eventuale presenza di altre situazioni di inquinamento di interesse nazionale. L’incarico di sub-perimetrare tale vastissima area, al fine di identificare le aree rilevanti per attività di messa in sicurezza d’emergenza, caratterizzazione, bonifica e ripristino ambientale, veniva affidato, da convenzione tra Ministero dell’Ambiente, Regione Lazio e ARPA Lazio, all’ARPA sezione di Frosinone, che lo concludeva in termini inadeguati e fallimentari, tanto da indurre il Ministero a non corrispondere l’ultima tranche del relativo finanziamento nell’agosto 2014.
Veniamo al presente. Le prime battute del neoricostituito SIN ministeriale sembrano seguire il solito copione: da un lato pochi uffici o meglio singoli tecnici coscienziosi e seri, cui va la nostra stima; dall’altro inefficienze amministrative, sovrapposizione di competenze e scaricabarile. In particolare, si profilano due ordini di questioni delicatissime da risolvere quanto prima.
1. La nuova perimetrazione del SIN. Paradossalmente, si è tornati indietro, dalla subperimetrazione alla perimetrazione. Si tratta cioè di riconsiderare daccapo la stessa definizione dei Comuni inclusi e relative aree. Ad esempio, il Comune di Ferentino, prima escluso dal SIN (ma presente nell’area emergenziale) dovrebbe rientrare nel SIN, in quanto la presenza di aree contaminate da amianto (ex Cemamit) rientra nei relativi parametri istitutivi. Naturalmente ciò rappresenta sulla carta l’opportunità di risolvere problematiche ambientali di grande rilievo. Non pare però si proceda come opportuno. La perimetrazione è stata affidata, come da riunione tecnica dell’8 settembre 2014, alla Regione Lazio; successivamente dalla Regione ad ARPA. Quest’ultima pare non abbia ancora inviato la propria proposta di perimetrazione al Ministero, nonostante il tempo scaduto e ripetuti solleciti.
2. La certificazione del barrieramento idraulico definitivo della zona contaminata a protezione dell’acquifero di Colleferro. I relativi lavori, finanziati da ingenti fondi pubblici e privati (SE.CO.SV.IM.), sono stati diretti dall’Ufficio Commissariale. Tale barrieramento definitivo, ormai completato da circa 2 anni, non può entrare in funzione in quanto la Provincia di Roma si rifiuta di riconoscere la propria relativa competenza, che sembra chiaramente stabilita dalla normativa e che non ci sembra sia mai stata messa in discussione per gli altri SIN. Rimane dunque in funzione il barrieramento idraulico provvisorio, che naturalmente offre minori garanzie, e peraltro con autorizzazione formalmente scaduta. La ASL RMG ha più volte espresso preoccupazione per la situazione dell’acquifero comunale, in relazione alla mancata autorizzazione dell’entrata in opera del barrieramento idraulico definitivo e al mancato avvio della bonifica degli acquiferi sottesi ad alcune porzioni dell’area contaminata.
ASL RMG e RME chiedono inoltre, nella riunione tecnica dell’8 settembre 2014, che le attività di bio-monitoraggio sulla popolazione della Valle del Sacco vengano estese su una porzione più ampia del territorio, ricercando ulteriori sostanze inquinanti.
I primi vagiti del reintegrato SIN sembrano in sostanza riprodurre le dinamiche del passato, aggravate dagli odierni problemi che affliggono tutti gli enti pubblici e di controllo, privi di risorse e disorientati da continui provvedimenti legislativi al ribasso. La farraginosa sovrapposizione delle competenze e l’inerzia amministrativa sembrano potersi superare in primo luogo puntando su una maggiore assunzione di responsabilità da parte degli enti locali, anche attraverso l’istituzione di forme più efficaci di coordinamento, e soprattutto sulla partecipazione ai processi decisionali delle associazioni territoriali, investendo inoltre sulla formazione di un’opinione pubblica consapevole. Viceversa, le associazioni non potranno fare altro che tentare di correggere le storture dell’azione amministrativa in sede giudiziaria.
In occasione della sentenza del 16 luglio 2014, abbiamo espresso la speranza che ciò potesse tradursi con una certa celerità in concreti benefici socio-ambientali per la nostra Valle, inquinata a causa del disprezzo degli interessi industriali per la tutela della salute della popolazione e dell’inerzia (se non delle connivenze) delle pubbliche amministrazioni.
Ricordiamo la vicenda per sommi capi, non è facile per chi non la segue quotidianamente orientarsi in tale confusione.
Nonostante la Corte di Cassazione del Tribunale di Velletri avesse emanato nel 1993 l’obbligo di bonifica dei 4 ettari di area dell’agro colleferrino gravemente contaminata da discariche illecite prodotte dall’industria locale, la Regione Lazio, pur approntando un piano di bonifica, lo lasciava sulla carta.
Gli inquinanti determinavano alla fine la contaminazione dell’acquifero: isomeri del lindano (in particolare il beta-esaclorocicloesano), parenti del DDT, si rilevavano a più riprese a partire dal 2004 nello stesso fiume Sacco, fino al definitivo accertamento della presenza del contaminante nel latte bovino in area vasta. La Presidenza del Consiglio dei Ministri riconosceva con decreto 19 maggio 2005 lo stato di emergenza socio-economico-ambientale per l’area di 9 Comuni delle province di Roma e Frosinone, estesa tardivamente, in data 31 ottobre 2010, ad altri 11 Comuni del Frusinate, con estensione finale dell’area ripariale necessitante bonifica da Colleferro a Falvaterra (confluenza del fiume Sacco con il fiume Liri).
La suddetta area era gestita da preposto Ufficio Commissariale, il quale a nostro avviso operava positivamente in relazione alla messa in sicurezza d’emergenza della fonte della contaminazione, negativamente in relazione al risanamento agro-ambientale della fascia ripariale del fiume Sacco, anche per la sovrapposizione di competenze con la Regione Lazio e lo storno di fondi ministeriali già stanziati da parte del governo. Tale risanamento non è ancora iniziato, nonostante siano trascorsi quasi dieci anni dal riconoscimento dello stato di emergenza. Benché la bonifica non fosse conclusa, l’ultima proroga delle attività dell’Ufficio Commissariale scadeva il 31 ottobre 2012.
Nonostante l’area di pertinenza commissariale fosse già stata riconosciuta come SIN in data 2 dicembre 2005, il 31 gennaio 2008 il Ministero dell’Ambiente avviava l’istituzione di un ulteriore enorme SIN collegato, distinto però dall’area precedente e di propria diretta competenza, comprendente, in perimetrazione provvisoria, l’intero bacino imbrifero del fiume Sacco, per un totale di ulteriori 51 Comuni, al fine di appurare l’eventuale presenza di altre situazioni di inquinamento di interesse nazionale. L’incarico di sub-perimetrare tale vastissima area, al fine di identificare le aree rilevanti per attività di messa in sicurezza d’emergenza, caratterizzazione, bonifica e ripristino ambientale, veniva affidato, da convenzione tra Ministero dell’Ambiente, Regione Lazio e ARPA Lazio, all’ARPA sezione di Frosinone, che lo concludeva in termini inadeguati e fallimentari, tanto da indurre il Ministero a non corrispondere l’ultima tranche del relativo finanziamento nell’agosto 2014.
Veniamo al presente. Le prime battute del neoricostituito SIN ministeriale sembrano seguire il solito copione: da un lato pochi uffici o meglio singoli tecnici coscienziosi e seri, cui va la nostra stima; dall’altro inefficienze amministrative, sovrapposizione di competenze e scaricabarile. In particolare, si profilano due ordini di questioni delicatissime da risolvere quanto prima.
1. La nuova perimetrazione del SIN. Paradossalmente, si è tornati indietro, dalla subperimetrazione alla perimetrazione. Si tratta cioè di riconsiderare daccapo la stessa definizione dei Comuni inclusi e relative aree. Ad esempio, il Comune di Ferentino, prima escluso dal SIN (ma presente nell’area emergenziale) dovrebbe rientrare nel SIN, in quanto la presenza di aree contaminate da amianto (ex Cemamit) rientra nei relativi parametri istitutivi. Naturalmente ciò rappresenta sulla carta l’opportunità di risolvere problematiche ambientali di grande rilievo. Non pare però si proceda come opportuno. La perimetrazione è stata affidata, come da riunione tecnica dell’8 settembre 2014, alla Regione Lazio; successivamente dalla Regione ad ARPA. Quest’ultima pare non abbia ancora inviato la propria proposta di perimetrazione al Ministero, nonostante il tempo scaduto e ripetuti solleciti.
2. La certificazione del barrieramento idraulico definitivo della zona contaminata a protezione dell’acquifero di Colleferro. I relativi lavori, finanziati da ingenti fondi pubblici e privati (SE.CO.SV.IM.), sono stati diretti dall’Ufficio Commissariale. Tale barrieramento definitivo, ormai completato da circa 2 anni, non può entrare in funzione in quanto la Provincia di Roma si rifiuta di riconoscere la propria relativa competenza, che sembra chiaramente stabilita dalla normativa e che non ci sembra sia mai stata messa in discussione per gli altri SIN. Rimane dunque in funzione il barrieramento idraulico provvisorio, che naturalmente offre minori garanzie, e peraltro con autorizzazione formalmente scaduta. La ASL RMG ha più volte espresso preoccupazione per la situazione dell’acquifero comunale, in relazione alla mancata autorizzazione dell’entrata in opera del barrieramento idraulico definitivo e al mancato avvio della bonifica degli acquiferi sottesi ad alcune porzioni dell’area contaminata.
ASL RMG e RME chiedono inoltre, nella riunione tecnica dell’8 settembre 2014, che le attività di bio-monitoraggio sulla popolazione della Valle del Sacco vengano estese su una porzione più ampia del territorio, ricercando ulteriori sostanze inquinanti.
I primi vagiti del reintegrato SIN sembrano in sostanza riprodurre le dinamiche del passato, aggravate dagli odierni problemi che affliggono tutti gli enti pubblici e di controllo, privi di risorse e disorientati da continui provvedimenti legislativi al ribasso. La farraginosa sovrapposizione delle competenze e l’inerzia amministrativa sembrano potersi superare in primo luogo puntando su una maggiore assunzione di responsabilità da parte degli enti locali, anche attraverso l’istituzione di forme più efficaci di coordinamento, e soprattutto sulla partecipazione ai processi decisionali delle associazioni territoriali, investendo inoltre sulla formazione di un’opinione pubblica consapevole. Viceversa, le associazioni non potranno fare altro che tentare di correggere le storture dell’azione amministrativa in sede giudiziaria.
Valle del Sacco, 02.11.14