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Clini

COMBUSTIBILI SOLIDI SECONDARI, GARANZIA DI IMPUNITA' PER I TRASGRESSORI


            


Comunicato Stampa
Raggio Verde e Rete per la Tutela della Valle del Sacco

 
Il nuovo Regolamento del Ministero dell’Ambiente sui CSS (Combustibili Solidi Secondari): garanzia dell’impunità per i trasgressori

 

Sulla G.U. n. 62 del 14.03.2013 è stato pubblicato il Decreto del Ministero dell’Ambiente che ha introdotto i Combustibili Solidi Secondari come la nuova fonte di energia termica e di energia elettrica “che concorre al raggiungimento degli obiettivi nazionali dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili”.

Non è la prima volta, purtroppo, nel nostro paese, che si fa passare come uso di energia da fonti rinnovabili, fonti che nulla hanno di ecologico, anzi che hanno compromesso e danneggiato l’ambiente più dei combustibili fossili che vorrebbero sostituire.
 
Il caso dei Combustibili Solidi Secondari non fa eccezione.
Vi sono studi che evidenziano che le emissioni determinate dalla combustione dei CSS (che sono rifiuti urbani e speciali sottoposti ad un determinato trattamento regolato da norme UNI) da parte dei cementifici sono molto più pregiudizievoli per l’ambiente e per la salute umana rispetto alle emissioni determinate dalla combustione del pet-coke.
In considerazione di ciò, ci si attenderebbe da un Ministero dell’Ambiente, in ossequio al principio di precauzione, l’introduzione di controlli specifici sia nella fase di produzione del CSS che nella fase di utilizzo del CSS.
 
Invece nulla di ciò. Secondo l’art. 8 del Regolamento, è il produttore del CSS e non un ente terzo ad emettere – senza contraddittorio – la dichiarazione di conformità del CSS prodotto agli standard richiesti. Già questo rappresenta un’anomalia.
Ma non è tutto.
Il produttore del CSS, sempre ai sensi dell’art.8 del Regolamento, deve conservare la dichiarazione di conformità per un anno ai fini di eventuali controlli, ma, si badi bene, il campione relativo alla dichiarazione di conformità, assolutamente necessario al fine di operare un controllo in ordine alla correttezza della dichiarazione di conformità emessa, deve essere conservato dal produttore solo per un mese !!!
 
Da quanto sopra pare evidente che la possibilità di incastrare chi dovesse rilasciare una dichiarazione di conformità non corretta o falsa è pressoché nulla.
 
Evidentemente il Ministero nutre un’immensa fiducia nel senso di responsabilità dei produttori, degli utilizzatori e degli enti di certificazione.
Peccato che tale fiducia sia mal riposta, considerato che nel nostro paese hanno luogo processi per fatti che hanno visto dirigenti di imprese far bruciare negli inceneritori rifiuti di ogni genere falsamente qualificati come CDR, beneficiando anche degli incentivi da fonti rinnovabili. Peccato inoltre che vi siano imprese, che da quanto risultante dalla cronaca non possono essere certamente definite come gestite in maniera responsabile da un punto di vista ecologico nonostante siano state dotate di certificazioni ambientali.
Ci si domanda allora se il Ministero dell’Ambiente operi in Italia o su Marte.

Roma, 5 aprile 2013
 
Per info:
Vittorina Teofilatto - Vicepresidente Raggio Verde - 3389213916
Alberto Valleriani - Presidente Rete per la Tutela della Valle del Sacco – 3356545313

UFFICIALE: I SIN DELLA VALLE DEL SACCO SONO "DECLASSATI"


COMUNICATO STAMPA
RETE PER LA TUTELA DELLA VALLE DEL SACCO
   

Come avevamo già anticipato, dopo la firma del ministro, era questione di giorni la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del decreto sulla conversione di 18 Siti di bonifica di Interesse Nazionale (SIN) in Siti di bonifica di Interesse Regionale (SIR), avvenuta ieri (G.U. n. 60 del 12 marzo 2013). Si è atteso oltre un mese dal comunicato stampa con cui Ministero dell’Ambiente ha diramato le motivazioni relative al provvedimento. Con ogni probabilità il tempo necessario al passaggio del provvedimento alla Corte dei Conti. Il Ministero dell’Ambiente dismette dunque la competenza diretta per i SIN “Bacino del Fiume Sacco” e “Frosinone”.
Riserviamo ulteriori e dettagliate considerazioni a integrazione di quanto già detto sul tema a un successivo comunicato stampa.
 
Valle del Sacco, 13 marzo 2013  
 

RIFIUTI DI ROMA NELLE PROVINCE DEL LAZIO, SUL RICORSO CLINI AL CONSIGLIO DI STATO


Comunicato Stampa
Rete per la Tutela della Valle del Sacco - Raggio Verde
 
  
In data 22 febbraio 2013 il Ministero dell’Ambiente ha presentato al Consiglio di Stato (CdS) tre ricorsi (nn. 1316, 1318, 1319), impugnando le ordinanze di sospensiva del TAR Lazio in merito al trasferimento dei rifiuti di Roma nelle Province.Con decreto monocratico, il CdS ha provvisoriamente sospeso i provvedimenti emessi dal TAR, fissando l’udienza per la discussione della sospensiva, in composizione collegiale, al giorno 8 marzo 2013. Sembra quindi che il CdS, ad un primo sommario esame, abbia ritenuto che i provvedimenti emessi dal TAR avrebbero potuto determinare il mancato trattamento dei rifiuti provenienti dai Comuni colpiti dall’emergenza (in primis il Comune di Roma) e il consequenziale conferimento di rifiuti non trattati in discarica, con possibili conseguenze anche sotto il profilo di eventuali sanzioni da parte dell’Unione Europea (essendo, proprio su questo punto, aperto un procedimento di infrazione). Pertanto, dal 22 febbraio fino all’8 Marzo, i rifiuti dei Comuni interessati dall’emergenza potranno nuovamente essere trasferiti agli impianti situati nelle Province. Ovviamente, nell’udienza dell’8 marzo lo stesso CdS, a seguito di una disamina più approfondita, potrebbe pervenire a conclusioni differenti e revocare il decreto monocratico.
 
Le associazioni Retuvasa e Raggio Verde rilevano che a tutt’oggi non vi è chiarezza, come rilevato dalla stessa ordinanza di sospensiva del TAR, in ordine alle reali capacità di trattamento meccanico biologico degli impianti dei Comuni colpiti dall’emergenza. Tale circostanza, con espresso riferimento al Comune di Roma, è del resto emersa chiaramente anche in sede di Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti.
Non vi è inoltre chiarezza in ordine alla percentuale di raccolta differenziata raggiunta nei Comuni colpiti dall’emergenza, nonché sulla quantità di rifiuti avviata al riutilizzo, recupero in materia, riciclaggio. In sostanza, quindi, non vi è neppure chiarezza sulla quantità di rifiuti da sottoporre a trattamento meccanico biologico.
Inoltre, ad oggi non si sa se siano stati implementati o autorizzati nuovi impianti per il compostaggio, al fine di evitare il conferimento in discarica dei rifiuti urbani biologici, nonostante il Ministro Clini, a rettifica del precedente decreto, avesse considerato necessario provvedere anche su questo punto.
 
Le sottoscritte associazioni ritengono che, in sede di discussione sulla domanda cautelare in data 08.03.2013, tutti gli aspetti sopra menzionati dovrebbero essere oggetto di adeguato approfondimento, non solo per consentire ai Giudici del CdS di adottare decisioni con la dovuta serenità, ma anche perché le associazioni e la popolazione laziali chiedono maggiore trasparenza e partecipazione nelle scelte politiche, che le riguardano direttamente, specie dopo vent’anni di mala gestione dei rifiuti che hanno comportato le gravi conseguenze in ambito sanitario e ambientale ben evidenziate dai relativi rapporti ISPRA ed ERAS.  
 
Roma, 25 febbraio 2013
 
Vittorina Teofilatto - Raggio Verde
Alberto Valleriani - Presidente Retuvasa
Francesco Bearzi - Coordinatore Retuvasa Frosinone
 
Per info sul presente CS: Vittorina Teofilatto, 3389213916
 

CLINI CONVERTE LA VALLE DEL SACCO DA SITO DI INTERESSE NAZIONALE A REGIONALE


COMUNICATO STAMPA RETE PER LA TUTELA DELLA VALLE DEL SACCO

 
Il DL del Ministero dell’Ambiente, a firma Corrado Clini, in attesa solo della pubblicazione sulla Gazzetta  Ufficiale, declassa i Siti di bonifica di Interesse Nazionale (SIN) “Bacino del fiume Sacco” (ex DPCM 19 maggio 2005 e L. 2 dicembre 2005, n. 248, art. 11 quaterdecies, comma 15) e “Frosinone” (ex DM Ambiente 18 settembre 2001, n. 468) a Siti di Interesse Regionale (SIR), insieme a un terzo degli attuali SIN presenti sul territorio italiano.
In primo luogo, va sottolineato che tale processo, al solito, si compie “dall’alto”, senza coinvolgere i portatori di interesse locali, e in particolare le associazioni ambientaliste.

Dichiara al proposito Alberto Valleriani, presidente RETUVASA: “È sconcertante che provvedimenti di tale rilevanza si apprendano per vie traverse attraverso il Web e non, nei tempi e nei modi dovuti, dalle istituzioni, che peraltro non hanno mai dato alle associazioni veri segnali di condivisione, per non parlare della trasparenza e della completezza informativa sullo stato dei SIN”.
Ma su quali fondamenti poggia la conversione dei SIN in questione in SIR, e quali conseguenze dovrebbe comportare?
La risposta richiede considerazioni piuttosto articolate e precisi riferimenti tecnici e normativi.

Spiega Francesco Bearzi, coordinatore RETUVASA Frosinone: “Ad un primo esame della normativa, l’impatto sembra chiaro: una sostanziale dequalificazione, per cui diversi SIN, non più considerati in possesso dei requisiti prescritti, passano sotto la responsabilità diretta delle Regioni, le quali avrebbero potuto opporsi al provvedimento. Nel nostro caso, la Giunta Polverini non l’ha fatto, con nocumento dell’interesse pubblico”.
“Tuttavia per i SIN che ci riguardano, Valle del Sacco e Frosinone, la valutazione della mancanza di tali requisiti appare assolutamente discutibile e appellabile. Infatti i nuovi criteri per la definizione dei SIN previsti dall’art. 36 bis della L. 7 agosto 2012, n. 134, che integra quelli stabiliti dall’art. 252 del D. Lgs. 152/2006, dovrebbero includere a pieno titolo a tutt’oggi entrambi i SIN in questione. In particolare, ma non solo, ammesso e non concesso che l’emergenza socio-economico-ambientale dichiarata dal DPCM 19 maggio 2005 possa dirsi completamente rientrata, entrambi i SIN condividono la situazione prevista dall’art. 36 bis, comma 2, punto f bis della succitata L. 134/2012, ovvero la presenza, attuale o storica, di impianti chimichi integrati.

[Gli impianti chimici integrati sono definiti dal DPCM 377/88, art. 1, come ‘impianti per la produzione su scala industriale mediante processi di trasformazione chimica di sostanze in cui si trovano affiancate varie unità produttive funzionalmente connesse fra di loro per la fabbricazione di prodotti chimici organici di base, per la fabbricazione di prodotti chimici inorganici di base, per la fabbricazione di fertilizzanti a base di fosforo, azoto, potassio (fertilizzanti semplici o composti), per la fabbricazione di base di fitosanitari e biocidi, per la fabbricazione di prodotti farmaceutici di base mediante procedimento chimico o biologico, per la fabbricazione di esplosivi’].

Notoriamente la Valle del Sacco è ed è stata interessata da queste situazioni. Ma il problema di fondo - prosegue Bearzi - è un altro. Nonostante la maggior parte del SIN “Bacino del fiume Sacco” ricada sul territorio di Frosinone, da Anagni a Falvaterra, non si è compiuta la saldatura di questo SIN con quello di “Frosinone”, riconoscendo dunque l’opportunità di un’azione normativa strutturale volta alla risoluzione delle criticità ambientali dell’intera Valle del Sacco, foriera di adeguate risorse e di interventi di respiro europeo”. Il SIN “Bacino del fiume Sacco” è stato definito inizialmente per la presenza di beta-HCH nelle acque e nel sedimento del fiume Sacco, quello di “Frosinone”, in sé di rilevanza forse più modesta, per la disseminazione di depositi di rifiuti solidi urbani (ex discariche). A prescindere dall’incompletezza delle relative azioni di bonifica, il grave vizio metodologico che abbiamo in più occasioni denunciato consiste nel non riuscire ad andare “al di là del proprio naso”, non collegando i due SIN a un inquinamento ancora più grave e strutturale, quello di tutte le aree produttive e soprattutto ex produttive, presenti ad esempio a Colleferro, Anagni/Paliano, Frosinone, Ceccano, Ceprano. Ciò avrebbe richiesto l’istituzione di un SIN a sé, in aggiunta agli altri due, o ancor meglio la saldatura di tutte le situazioni in oggetto in un unico SIN “Valle del Sacco”. Peraltro, tale opportunità comincia a risultare, ad esempio, dalla Convenzione stipulata tra Ministero dell’Ambiente, Regione Lazio e ARPA Lazio che, avviata la sub-perimetrazione del SIN “Bacino del fiume Sacco”, ha prodotto nel giugno 2011 una Carta dei siti censiti potenzialmente contaminati che registra un numero del tutto incompleto ma estremamente significativo di aree industriali ancora in attività, aree soggette a rischio di incidente rilevante, attività estrattive e minerarie, discariche autorizzate e non autorizzate, ecc. Ed è appena il caso di ricordare, ad esempio, la presenza del’ex Cemamit di Ferentino (rilevante tra l’altro per il riconoscimento del SIN in base alla L. 134/2012, art. 36 bis, comma 2 bis)”.

Si tratta dunque non solo di riconsiderare la conversione dei due SIN in SIR, non giustificata dalla stessa normativa di riferimento del DL Clini, ma di avviare un processo di più ampio respiro, che riconosca la criticità ambientale dell’intera Valle del Sacco in termini da non dequalificare l’attività agricola ancora fiorente in alcune aree sane o anche integre e di pregio, e di promuovere, con fondi nazionali ed europei, la parziale riconversione dell’attività industriale in termini di risanamento ambientale e green economy. E qui non possono non essere ricordati l’ODG  proposto da Angelo Bonelli nel febbraio 2011 e approvato dal Consiglio regionale, volto a dichiarare la Valle del Sacco area ad alta criticità ambientale, lasciato poi cadere dalla Giunta Polverini; il Master Plan ‘Progetto per la valorizzazione strategica della Valle del Sacco’ proposto dalla Fondazione Kambo alla fine del 2010, caduto purtroppo anch’esso nel vuoto, il convegno tenutosi a Colleferro lo scorso novembre con la partecipazione di Hanns-Dietrich Schmidt, responsabile relazioni internazionali del distretto della Ruhr, organizzato da RETUVASA e Gruppo Logos per rilanciare la Valle del Sacco adattando al territorio il ‘modello Ruhr’.

È bene chiarire - conclude Bearziche in base al DL Clini, art. 2, commi 1 e 4, il Ministero dell’Ambiente ovviamente manterrebbe gli impegni economici in corso, e potrebbe anche stipularne di nuovi nel contesto di futuri accordi di programma con le Regioni e gli Enti locali competenti. Ma ciò non toglie che nella filosofia del provvedimento e dei riferimenti normativi a monte prevalga l’intenzione di dismettere competenze governative, e che soprattutto ciò comporti una sostanziale dequalificazione della rilevanza delle aree soggette a bonifica, delegando alle Regioni compiti di coordinamento e di spesa che spetterebbero a istituzioni di livello superiore. Lasciamo ad altra sede riflessioni sullo smantellamento dell’intervento pubblico in ogni ambito e la perdita di autonomia reale da parte delle amministrazioni locali, sotto i vincoli di bilancio, in un quadro di disarticolazione delle politiche di risanamento del territorio”.

Infine - afferma Alberto Valleriani - la situazione dei due SIN della Valle del Sacco appare forse più grave, ma non così diversa da altri, per cui ci giungono segnalazioni da diverse parti d’Italia. Sarebbe dunque opportuno che il Ministero dell’Ambiente riconsiderasse il provvedimento in oggetto, avviando un procedimento partecipativo voluto fortemente dall’Europa, volto a definire, con il contributo delle associazioni ambientaliste territoriali e gli enti locali, una nuova lista dei SIN davvero fondata e funzionale. In ogni caso, siamo pronti a impugnare l’atto con ricorsi sia in ambito giuridico nazionale che europeo, come presumibilmente avverrà anche in altri territori interessati. E premeremo sulla Regione perché sani la propria mancata opposizione al provvedimento. Riteniamo che il tema dovrebbe anche costituire un punto di riferimento programmatico essenziale su cui tutte le forze politiche impegnate in campagna elettorale dovrebbero confrontarsi”.

 
Per completezza, i SIN che il DL Clini trasforma in SIR sono i seguenti:
Abruzzo – Fiume Saline Alento.
Campania – Litorale Domizio Flegreo e Agro Aversano; Pianura; Bacino Idrografico del fiume Sarno; Aree del Litorale Vesuviano.
Emilia-Romagna – Sassuolo-Scandiano.
Lazio – Bacino del fiume Sacco; Frosinone.
Liguria – Pitelli (La Spezia).
Lombardia – Milano-Bovisa; Cerro al Lambro.
Marche – Basso Bacino del fiume Chienti.
Molise – Guglionesi II.
Piemonte – Basse di Stura.
Sardegna – La Maddalena.
Toscana – Le Strillaie.
Veneto – Mardimago-Ceregnano.
Provincia autonoma di Bolzano – Bolzano.
 
Valle del Sacco, 21 gennaio 2013 

Lettera aperta al Ministro Clini, incenerire i rifiuti di Roma a Colleferro?



 
COMUNICATO STAMPA
Valle del Sacco, lettera aperta al Ministro Clini
Incenerimento rifiuti di Roma a Colleferro?
 
Il Coordinamento Valle del Sacco (CVS), che com’è noto riunisce associazioni, circoli territoriali, comitati e cittadini attivi in difesa dell’ambiente e della salute della Valle, a seguito delle dichiarazioni rilasciate agli organi di stampa nazionali dal ministro dell’Ambiente Corrado Clini in data 21.11.12, a margine di un’audizione presso le Commissioni parlamentari permanenti Ambiente e Politiche dell’Unione Europea, invita il ministro ad una responsabile e doverosa analisi della situazione della Valle del Sacco prima di assumere o pianificare qualsiasi decisione inerente lo smaltimento dei rifiuti di Roma a Colleferro.

Ricordiamo brevemente le dichiarazioni in questione:

- Intanto, "stiamo cercando di capire quali sono le misure urgenti che possono essere messe in moto, a cominciare da quelle che consentono l'autorizzazione rapida degli impianti che sono sotto esame da parte della Regione ormai da troppi mesi - rileva il ministro - la mia valutazione personale è che uno dei problemi critici del Lazio sia determinato proprio da questo aspetto", e cioè "che non siano stati autorizzati nei tempi ragionevoli impianti che avrebbero potuto consentire già nel 2012 di ridurre drasticamente il fabbisogno di conferimento in discarica di una parte importante di rifiuti urbani", In tutto ciò, "stiamo ancora cercando di capire meglio come mai nell'impianto di Colleferro, in provincia di Roma, venga conferito combustibile derivato da rifiuti proveniente da altre regioni d'Italia, mentre invece i rifiuti di Roma non vengono conferiti in quell'impianto. E' paradossale che Roma debba conferire rifiuti all'estero avendo impianti alle porte della città che non vengono utilizzati per i rifiuti della capitale". -

Invitiamo - e non è la prima volta - il Ministro Clini ad effettuare un sopralluogo a Colleferro e in tutta la Valle del Sacco per prendere coscienza della situazione di emergenza ambientale e sanitaria in cui versa il nostro territorio.

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