Processo Valle del Sacco a rischio prescrizione.
Comunicato Stampa Retuvasa
Processo Valle del Sacco a rischio prescrizione.

In pratica, la difesa chiede dichiararsi prescritto il reato perché il termine per la punibilità della condotta illecita decorrerebbe dal momento in cui il lindano ed i suoi derivati sono stati immessi nell’ambiente e non da quando hanno prodotto gli effetti negativi sulla salute dell’uomo!
Di contro l’accusa potrebbe ribattere che gli imputati non hanno impedito, negli anni a seguire, l’infiltrazione nelle acque di queste sostanze cancerogene (oggi sappiamo che purtroppo lo erano) ed il conseguente disastro che conosciamo.
Su questa ipotesi viene incontro la Procura la quale afferma che le condotte criminose di sversamento e conseguente inquinamento del fiume erano ancora operanti al momento in cui vennero effettuati gli accertamenti dall'ARPA Lazio conseguentemente all’avvio dell’emergenza del 2005.
Prima della richiesta di prescrizione avanzata dalla difesa il processo sembrava essersi ormai volto verso una direzione favorevole alla tesi dell’accusa e, quindi, dei diritti dei cittadini.
È d’uopo riassumere le testimonianze chiave rese durante gli interrogatori:
Luigi Mattei, carrellista all’interno del Comprensorio Industriale di Colleferro, ha ripercorso l’intera vicenda del sotterramento dei fusti tossici ricordando il processo degli anni ’90, si è soffermato sul danno biologico e sui danni all’apparato confermati dal parere di un medico legale da lui interpellato ed ha rammentato che le paratie di immissione al fiume spesso lasciavano passare sostanze di ogni genere.
Il luogotenente del NOE Valerio Russo, ora in pensione, ha ricostruito il sistema di convogliamento delle acque all’interno del Comprensorio Industriale di Colleferro ed ha ricordato il fatto che in uno dei sopralluoghi una paratia fu trovata addirittura aperta, precisando però che, anche se fosse stata chiusa, essendo il divisorio tra le acque di diversa natura costruito in calcestruzzo, avrebbe comunque permesso il passaggio di acqua verso il Fosso Cupo e di conseguenza nel Fiume Sacco, bypassando l’impianto di depurazione. Il teste ha confermato che la paratia in questione è stata trovata aperta anche in altre occasioni, fino alla chiusura completa, nel maggio del 2005, dietro richiesta della Provincia di Roma
Altri testimoni del nucleo Forestale hanno confermato con le loro deposizioni che il sistema di collettamento delle acque e dei tombini non era provvisto di opportune separazioni tra le acque bianche e quelle di processo industriale.
Il dott. Francesco Blasetti, della ASL RMG, ha ribadito che a livello epidemiologico le sostanze in esame vanno ad intaccare sia organi, sia apparati del corpo umano quali il sistema immunitario, il sistema riproduttivo, il fegato, la funzionalità renale, il sistema nervoso centrale e periferico, con possibilità di interessamento del sistema cardiovascolare. Il nuovo rapporto epidemiologico, che verrà pubblicato a breve, andrà ad aggiungere nuovi elementi ad uno studio che risulta essere uno dei più completi a livello internazionale.
Il maggiore Marco Datti, attuale capo della sezione operativa del NOE e comandante del NAS fino al 2013, ha ricordato le fasi antecedenti al 2005 soffermandosi sul rifiuto da parte della Centrale del Latte di Roma, sin dal dicembre 2003, del latte prodotto, poi conferito in alcuni stabilimenti caseari senza il necessario avallo di Legge.
In definitiva diversi testimoni si sono trovati concordi, e anche il materiale fotografico d’indagine ha confermato le loro affermazioni, sul fatto che il sistema di condutture e separazione tra le acque era fatiscente e incontrollato e che in questo modo era facile che il materiale contaminante arrivasse al fiume senza passare per la depurazione.
A questo punto ci auguriamo che il Giudice, Dott. Coderoni, il 22 ottobre accolga l’opposizione dell’accusa e rigetti la richiesta di prescrizione, permettendo così che il processo possa proseguire nella ricerca dei responsabili di un disastro di cui ancora oggi, e non si sa per quanto altro tempo ancora, la popolazione della valle del Sacco ne subirà le conseguenze.
Valle del Sacco, 20.10.2015
Rifiuti non trattati in discarica a Colleferro, il TAR Lazio dice NO
Comunicato Stampa
Rete per la Tutela della Valle del Sacco
Comitato Residenti Colleferro
Raggio Verde

La richiesta di sospensiva è stata respinta, ma le motivazioni espresse in proposito confermano proprio le accuse mosse dalle associazioni ambientaliste: non esiste alcun carattere di urgenza e necessità che giustifichi questo dissennato e illegale uso della discarica.
L’ordinanza pone l'accento proprio sul carattere troppo disinvolto, al limite dell'illecito, di molte decisioni prese dalle amministrazioni pubbliche nel settore del trattamento dei rifiuti.
Si legge: “Considerato che dalla relazione prodotta dalla Regione Lazio non emerge in maniera inconfutabile l’assoluta incapienza di impianti TMB nella regione, tale da costituire il presupposto di cui all’art. 191 c. 1 del D.Lgs 152/2006 ... “..e non si possa altrimenti provvedere”.
Vale a dire che nella nostra Regione ci sono impianti di Trattamento Meccanico Biologico (TMB) che non lavorano a pieno regime, capaci quindi di trattare anche i rifiuti destinati a Colle Fagiolara.
A questo proposito il TAR aveva richiesto una documentazione aggiuntiva sulla possibilità di utilizzare altri impianti di TMB presenti in Regione, in luogo della tritovagliatura autorizzata dalla Giunta Zingaretti per Colleferro.
Precisiamo che la nostra opposizione si è concentrata sul deposito in discarica del rifiuto secco in uscita dal tritovagliatore, circa il 60/65%, in quanto il rifiuto umido, a detta del gestore Lazio Ambiente SpA, viene già conferito ad impianti esterni.
La Regione Lazio ha risposto con una documentazione insufficiente, priva di fondatezza, contrastata ulteriormente dalle memorie prodotte dai nostri legali.
Si legge sempre nell’ordinanza:“che peraltro la mancata utilizzazione di alcuni impianti TMB deriva da ritardi di natura meramente amministrativa, che l’Amministrazione ha l’obbligo di superare tempestivamente;
che tali circostanze renderebbero verosimilmente illegittima una eventuale proroga dell’ordinanza
contingibile ed urgente qui impugnata;”
Il Giudice bacchetta l’Amministrazione regionale, lenta e inadempiente nella risoluzione dei problemi legati al ciclo dei rifiuti.
Il dato di rilievo è che un’ulteriore proroga per l'utilizzo della discarica non è ammissibile perché in realtà non esiste nessuna emergenza rifiuti, paventata ad ogni pié sospinto da amministrazioni e gestori. Da metà settembre quindi non si potranno più conferire rifiuti non trattati presso la discarica di Colle Fagiolara.
Continua il giudice: “tuttavia il provvedimento impugnato ha quasi del tutto esaurito i suoi effetti, attenuando fortemente il presupposto del periculum.”
La richiesta di sospensiva viene rigettata solamente perché ormai i tempi dell'ordinanza stanno per scadere, quindi i pericoli vengono ritenuti minimi.
Questa ordinanza è il primo atto amministrativo importante che fa ben sperare nella chiusura della discarica di Colleferro quantomeno per il conferimento di rifiuti non trattati. Saremo sicuri della chiusura se il paventato impianto di TMB a Colle Fagiolara non verrà costruito, anche perché è stato dimostrato che realmente non è necessario per la quantità di rifiuti prodotti nella nostra Regione.
Nel contempo il governo sta emanando il D.L. 91, che tra le tante indecenze in materia ambientale, conferisce, all'art. 14 comma 1, poteri straordinari al Presidente della Regione Lazio per la risoluzione di emergenze connesse al ciclo dei rifiuti, una sorta di militarizzazione. Il documento preparatorio al D.L. citato, però chiarisce che non si potrà andare in deroga alle normative comunitarie in materia.
Di fatto l’ordinanza del Tar manterrebbe inalterato il quadro della situazione descritto precedentemente.
Gli scriventi, che da anni si battono per la riduzione dei rifiuti ed un ciclo degli stessi, virtuoso e rispettoso dell'ambiente e della salute, lanciano una proposta auspicandone un’ampia condivisione: la creazione di un polo universitario a carattere regionale finalizzato alla ricerca e sviluppo di metodologie e tecniche primariamente per la riduzione dei rifiuti e per il riciclo e riuso di quelli che necessariamente si producono.
Un polo universitario capace di avviare competenze specifiche coinvolgendo le aziende nella riduzione dei rifiuti legati agli imballaggi, che attivino lo sviluppo di tecnologie mirate al trattamento dei materiali post-raccolta differenziata, che amplino le prospettive produttive per il riutilizzo e reinserimento sul mercato delle materie prime-seconde separate. La comunità scientifica deve mettersi in gioco per la reale diminuzione dell’indifferenziato residuale. Le aree dismesse del passato produttivo di Colleferro ne potrebbero essere la naturale collocazione, sottraendole così all’ennesima, presumibile, devastante speculazione immobiliare.
Pensiamo a un futuro, come spesso si dice, “Rifiuti Zero”, privo di combustione di ogni tipo, senza discariche. Pensiamo alla possibilità di lavoro altamente qualificato, legato alla ricerca e all’innovazione, stabile per il nostro territorio.
Colleferro, 5 agosto 2014
Il TAR del Lazio ripristina il Sito di Interesse Nazionale Valle del Sacco
RETE PER LA TUTELA DELLA VALLE DEL SACCO
Il TAR accoglie le nostre ragioni e reintegra il Sito di Interesse Nazionale “Bacino del Fiume Sacco”

Ad essere reintegrato come SIN è dunque l’intero bacino imbrifero del fiume Sacco, che comprende non solo l’area emergenziale in ragione della contaminazione da beta-HCH, ma appunto l’intero bacino imbrifero, che si estende nelle Province di Frosinone e Roma, e in minima parte di Latina.
Francesco Bearzi (Coordinatore Provincia Frosinone)
Alberto Valleriani (Presidente)
Valle del Sacco, 18.07.14
CLICCA QUI per la sentenza del TAR Lazio sede di Roma
Processo Valle del Sacco, nuovo rinvio a giudizio
COMUNICATO STAMPA
Raggio Verde, Retuvasa, Ugi
PROCESSO VALLE DEL SACCO: RINVIO A GIUDIZIO DI TUTTI GLI IMPUTATI

Tutti gli imputati sono stati rinviati a giudizio e il 3 Luglio avrà inizio il processo dibattimentale.
Tale data sarà il termine ultimo per tutti coloro che hanno subito danni per costituirsi parte civile.
Coloro che sono risultati positivi al betaesaclorocicloesano nell'ambito dell'indagine epidemiologica, gli agricoltori e allevatori ai quali è stata interdetta la possibilità di allevare e coltivare, i proprietari che si sono visti interdire l'uso dei terreni possono rivolgersi alle associazioni Raggio Verde, Retuvasa, Ugi per informazioni e assistenza legale.
Valle del Sacco, 23 maggio 2014
Per info:
avv, Vittorina Teofilatto 3389213916 (Raggio Verde)
Alberto Valleriani 3356545313 (Retuvasa)
Alessandro Coltrè 3891786343 (Ugi)