Anagni, replica al Dott. Francesco Borgomeo
Comunicato Stampa
Replica al Dott. Francesco Borgomeo

Premesso che effettivamente, allo stato attuale, nulla impedisce a Saxa Gres di procedere nella produzione come da progetto approvato, risulta necessario fare chiarezza, a beneficio della popolazione della Valle del Sacco, sugli scenari che l’ambito normativo e giuridico avranno il compito di dirimere.
La nostra opposizione, in sede di ricorso, si è concentrata sulla Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) relativa all’impianto in questione, non sull’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA). La normativa stabilisce che, una volta che l’AIA sia stata autorizzata, è consentito al proponente di procedere con la produzione.
C’è però qualcosa che il Dott. Borgomeo sembra tralasciare, consapevolmente o meno.
In questo momento il giudizio ritorna al TAR del Lazio, che si dovrà esprimere in merito alle nostre opposizioni.
In base all’art 29 c. 3 del Codice Ambiente, qualora il TAR riconoscesse fondati i nostri motivi, solamente la VIA verrebbe annullata, al contrario dell’AIA.
Ciò significa che per la VIA sarebbe necessario riavviare l’iter, sulla base delle indicazioni espresse nella sentenza dal TAR del Lazio. A tale sentenza Saxa Gres potrebbe però, a propria volta, ricorrere in appello al Consiglio di Stato.
Nel contesto del nuovo iter di VIA, gli uffici regionali preposti potrebbero pronunciarsi in modo differente che in precedenza, richiedendo una diversa composizione dell’impasto delle ceramiche e in particolare escludendo l’utilizzo di scorie derivanti da incenerimento rifiuti. Tale provvedimento sarebbe successivamente riportato in AIA, a titolo di modifica sostanziale.
Stiamo parlando di semplici ipotesi, delineando scenari possibili in ossequio all’esigenza di informare la popolazione in termini trasparenti. Come ricorrenti, ci auguriamo naturalmente che i nostri rilievi vengano integralmente recepiti, con particolare riferimento ai dubbi espressi circa la possibilità di utilizzare rifiuti pericolosi nel corso del processo produttivo, sulla base della normativa europea di riferimento. Un rifiuto del genere può essere contenuto in un prodotto di uso commerciale e pubblico solamente ove vi sia comprovata certezza della salubrità di quest’ultimo. Cosa che non crediamo che il Dott. Borgomeo sia in grado di dimostrare.
Riguardo, infine, alle affermazioni del Dott. Borgomeo dichiaratamente volte a rassicurare i lavoratori dell’impianto produttivo - affermazioni dal sapore piuttosto paternalistico, elargite a titolo di luminoso benefattore dell’umanità e di disinteressato alfiere della transizione ecologica, che sembrano peraltro manifestare un certo disprezzo nei confronti dell’operato della società civile da noi rappresentata - non possiamo non esprimere a nostra volta solidarietà, sincera, ai lavoratori. Un lavoratore la merita sempre. Riteniamo tuttavia che un autentico sviluppo sostenibile, per i lavoratori e i cittadini della Valle del Sacco (circa mezzo milione), dovrebbero costituire un interesse decisamente superiore, tale da maturare un senso di Comunità e una solidarietà capace di trascendere le singole categorie e gli interessi di parte.
Anagni, 24.07.2021
Le Associazioni firmatarie dell’ Appello al Consiglio di Stato
Anagni Viva - Comitato residenti Colleferro – Rete per la Tutela della Valle del Sacco.
IL COORDINAMENTO AMBIENTALE DI ANAGNI
LE ASSOCIAZIONI: ANAGNI VIVA, RETUVASA, COMITATO RESIDENTI COLLEFERRO, RAGGIO VERDE, ASSOCIAZIONE DIRITTO ALLA SALUTE
Anagni e Valle del Sacco, estendere la moratoria sugli impianti di trattamento rifiuti.
RETUVASA – LEGAMBIENTE – ANAGNI VIVA
COMITATO OSTERIA DELLA FONTANA
Estendere la moratoria sugli impianti di trattamento rifiuti
al territorio di Anagni e di tutta la Valle del Sacco
Le associazioni Retuvasa (con il fondamentale contributo del Comitato Osteria della Fontana), Legambiente Lazio e Anagni Viva hanno presentato nei giorni scorsi al competente ufficio regionale osservazioni relative al procedimento di Valutazione di Impatto Ambientale avente per oggetto il progetto proposto da Energia Anagni SRL, funzionale al trattamento di digestione anaerobica e compostaggio di 84.000 tonnellate annue di rifiuti nella zona industriale di Anagni. Tale progetto, nelle intenzioni del proponente, mira a produrre energia a basso costo per il limitrofo impianto della società Saxa Gres SRL, facente capo alla stessa holding. Vogliamo essere fiduciosi sul fatto che le oggettive criticità da noi osservate comporteranno un parere negativo di VIA da parte della Regione.
Riguardo al progetto di Saxa Gres, si tratta, ricordiamo, della produzione di ceramiche ottenute mescolando nell’impasto di argilla una significativa percentuale di ceneri del termovalorizzatore (inceneritore) di S. Vittore, ovvero di una sostanza dall’elevato potenziale inquinante. Trasformare tale rifiuto in un prodotto di uso sociale è una pratica idealmente molto interessante, ma che presenta nella fattispecie una serie di rischi da non sottovalutare, tanto per l’ambiente di produzione quanto per l’utilizzatore finale. Ed è una pratica che fino allo scorso luglio non era considerata in alcun modo lecita dalla normativa, sulla base della quale, non a caso, la Regione aveva espresso una Valutazione di Impatto Ambientale negativa. Le suddette associazioni, allo scopo di seguire scrupolosamente l’iter della sperimentazione, hanno già presentato domanda di partecipazione alla Conferenza dei Servizi regionale, della quale non è ancora stata fissata la data.
Va inoltre ricordato che il prossimo 28 marzo si terrà la Conferenza dei Servizi decisoria relativa all’istanza di rinnovo dell’autorizzazione alla termovalorizzazione (incenerimento) di pneumatici fuori uso nell’impianto della Marangoni SPA sito ad Anagni. CDS cui sono state ammesse a partecipare tutte le suddette associazioni. A nostro avviso una ripresa dell’incenerimento dei pneumatici costituisce il principale pericolo per la salute e l’ambiente della popolazione anagnina. Riteniamo importante che la comunità faccia sentire forte la propria voce a riguardo in questo momento.
In tale contesto si può molto apprezzare il parere negativo espresso dal Comune di Anagni avverso il rinnovo dell’autorizzazione Marangoni SPA. Non sappiamo invece quali atti abbia compiuto o intenda compiere l’amministrazione in riferimento ai primi due procedimenti sopra richiamati. È importante che il Comune prenda una chiara posizione ed espliciti le proprie intenzioni, opponendosi all’autorizzazione di impianti ad elevato impatto ambientale che rischiano di catalizzare la trasformazione della Valle del Sacco, e in particolare di Anagni, in una sorta di distretto regionale di trattamento dei rifiuti, senza alcun riguardo per il riconosciuto stato di Sito di Bonifica Nazionale della Valle del Sacco e per le programmazioni regionali sulla qualità dell’aria e della gestione dei rifiuti.
La recentissima delibera del Consiglio comunale di Ferentino che impegna sindaco e giunta ad una moratoria sui nuovi impianti di rifiuti costituisce indubbiamente un fatto nuovo e che infonde speranze. Soprattutto se sarà davvero mantenuto l’impegno di inserire nel Piano Regolatore comunale norme operative per il divieto di collocazione ed esercizio di nuovi impianti di trattamento e smaltimento di Rifiuti Solidi Urbani, in particolare discariche, termovalorizzatori, TMB e compostaggi, con l’esclusione delle attività di recupero e riciclo delle frazioni differenziate e degli impianti esclusivamente a servizio del fabbisogno della comunità di Ferentino. Interessante anche l’intento di predisporre e sottoscrivere un protocollo d’intesa con i Comuni limitrofi per una gestione unitaria e coordinata dei procedimenti amministrativi e delle problematiche in materia ambientale.
Invitiamo tutti i Comuni della Valle del Sacco a muoversi nella stessa virtuosa direzione e a cominciare a pronunciarsi in questo senso già nel contesto della discussione relativa al primo punto all’odg dell’incontro del Coordinamento dei Sindaci per l’ambiente della Valle del Sacco, che si terrà, proprio a Ferentino, lunedì 13 marzo.
Anagni, 10.03.17
LE ASSOCIAZIONI:
RETUVASA
LEGAMBIENTE ANAGNI
ANAGNI VIVA
COMITATO OSTERIA DELLA FONTANA
Valle del Sacco, oltre il modello di sviluppo: distretto industriale dello smaltimento del rifiuto.
Comunicato Stampa Retuvasa
Valle del Sacco, oltre il modello di sviluppo: distretto industriale dello smaltimento del rifiuto.

Logiche che, storicamente di matrice trasversale, sembrano assumere negli ultimi anni, non si può tacerlo, una connotazione politica locale più definita, considerato che l’attuale assessore all’ambiente regionale proviene dallo stesso partito e dalla stessa provincia del deputato ed ex presidente della provincia alfiere del progetto di aeroporto con annessa megavariante ASI, ora oggetto di procedimento penale per peculato, che a prescindere dai suoi esiti per gli indagati sembra potersi dire il definitivo suggello del fallimento di tale mostruosità economico-ambientale.
Si apprende oggi dalla stampa che il nuovo contratto Saf proposto ai sindaci prevede, in sostanza, la trasformazione di un impianto di differenziazione provinciale in un ricettacolo dei rifiuti di tutta la regione. La stessa Saf, insieme alla discarica di Roccasecca, è uno dei poli di una grande inchiesta sui rifiuti, nota solo da una settimana, condotta dalla Forestale, ora parte dell’Arma dei Carabinieri e nel caso potenziata dall’apporto del NOE. In tale inchiesta, in cui si seguono le tracce dei rifiuti che da Roma migrano nel Frusinate, è cardinale il ruolo dei laboratori di analisi, che con compiacenza avrebbero mutato i codici dei rifiuti declassificandoli come non pericolosi, come in altri casi hanno compiacentemente alterato i dati sulle emissioni industriali. Peraltro il trattamento dei rifiuti sarebbe stato largamente inadeguato e causa dei fastidi che da anni affliggono le popolazioni locali.
Non si può chiudere gli occhi e far finta di non sapere che la maggior parte degli impianti di rifiuti e industriali ad alto impatto ambientale di fatto hanno quasi sempre violato la normativa. Non basta auspicare un’attenzione ancora più elevata da parte di Arpa, Forze dell’ordine e Procura. Bisogna avere la chiara consapevolezza che autorizzare un impianto di trattamento dei rifiuti o industriale ad alto impatto ambientale significa dire di no al futuro e alla salute e accontentarsi di campare, poco e male, delle briciole, anche in un momento di crisi economica.
Particolarmente significativa una zoomata sull’area nord della provincia. Qui troviamo in ballo il rinnovo dell’autorizzazione alla termovalorizzazione (=incenerimento) dei pneumatici da parte di una ex azienda produttiva, la Marangoni, con l’apprezzabile opposizione del Comune di Anagni. Lo stesso Comune dovrebbe a nostro avviso opporsi ad un impianto che desta grande preoccupazione, ancor più che per il processo produttivo inertizzante ceneri pesanti di termovalorizzatore nel gres porcellanato, per il modo in cui saranno effettivamente gestite tali ceneri, ovviamente altamente inquinanti. 70-90 posti di lavoro valgono questo enorme rischio? Segnano forse una discontinuità con le logiche del passato? Tale progetto, proposto da Saxa Gres spa, è stato peraltro bocciato dall’Area Valutazione Impatto Ambientale della Regione Lazio, in quanto incompatibile con la normativa ambientale italiana, salvo rientrare in pista tramite una sperimentazione sotto il controllo (disinteressato?) di un’università, ammessa dalla normativa europea. Sperimentazione auspicata pubblicamente dagli stessi due esponenti politici ricordati sopra. L’associazione Civis ha sottolineato che la società Energia Ambiente srl, che ha recentemente presentato in Regione il progetto di un impianto di biodigestione e compostaggio da circa 84.000 tonnellate annue in zona industriale di Anagni è controllata, come Saxa Gres, dalla stessa holding con sede a Malta. Tutto legale, ma possiamo parlare propriamente di processi produttivi? Evidentemente la mission appare un’altra. Sembra dunque costituirsi de facto nella zona ASI di Anagni un distretto industriale dello smaltimento del rifiuto, vista anche la fresca notizia dell’autorizzazione dell’impianto proposto da Tecnoriciclo Ambiente srl trattante circa 30.000 tonnellate annue di rifiuto, di differenziazione e riciclo (il che non è certo male) e di produzione di Combustibile Da Rifiuto e di Combustibili Solidi Secondari (male, invece, perché funzionale al ciclo dell’incenerimento, magari di Colleferro).
Tutti questi impianti sono largamente superiori ai fabbisogni d’area e provinciali, nell’assenza di una aggiornata programmazione regionale, con scarsa attenzione per lo stesso piano regionale di qualità dell’aria, per non parlare del rispetto che meriterebbe un territorio oggetto di bonifica nazionale. E con ogni probabilità, sulla base di considerazioni puramente statistiche, almeno alcuni di tali impianti regalerebbero tanti elementi di cronaca giudiziaria al futuro, mentre le patologie correlate farebbero per lo più meno clamore.
Senza un nuovo modello di sviluppo, coraggioso, intelligente e lungimirante, non potranno che perpetuarsi le dinamiche del passato, con l’unica sostanziale differenza del tendenziale spostamento dalla produzione industriale ad alto impatto ambientale allo smaltimento dei rifiuti. E gli amministratori, anche quelli più onesti e disinteressati, per non parlare degli altri, si troveranno schiacciati dal diktat di accettare qualche decina di posti di lavoro svendendo il territorio e ogni sua futura prospettiva.
Frosinone, 31.01.17
Anagni, dubbi sulla produzione di ceramiche Saxa Gres contenenti ceneri derivanti dalla combustione di rifiuti
Produzione di ceramiche contenenti ceneri derivanti dalla combustione di rifiuti, ad Anagni:
non pochi legittimi dubbi
Com’è noto, la Società SAXA GRES srl ha acquistato, tramite procedura concordataria con il Tribunale di Frosinone, investendo circa 15 milioni di euro, lo stabilimento ex Area Industrie Ceramiche (ex Marazzi), sito nella zona industriale di Anagni, per riavviare la produzione di materiali ceramici. Stavolta però si utilizzerebbero nella produzione anche le ceneri e le scorie derivanti dai processi di combustione di rifiuti solidi urbani (RSU) e assimilati.
Quando si è appresa tale notizia, è sorto spontaneo un dubbio, che ci sembra legittimo: quale strategia di mercato può aver portato una società ad investire una somma così ingente per riattivare una produzione che aveva portato al fallimento delle precedenti Società, che pur non utilizzavano rifiuti da miscelare nel prodotto finito?
Prima di avanzare ulteriori dubbi, è necessario descrivere sinteticamente i contorni tecnici della questione.
I rifiuti che SAXA GRES intende inserire negli impasti di argilla utilizzati per la produzione di gres porcellanato, sono sostanzialmente di due tipi: 1. ceneri leggere; 2. ceneri pesanti e scorie.
Le ceneri leggere. Questo rifiuto può essere classificato sia come pericoloso, che come non pericoloso, a seconda che contenga o meno sostanze pericolose. Il codice identificativo (CER) riportato nel catalogo europeo (Decisione della Commissione 2000/532/CE del 3 maggio
2000), recepito nell’Allegato D alla Parte IVa del D.lgs. 152/2006, è infatti un cosiddetto CER “a specchio”, che appunto prevede la possibilità di classificare il rifiuto sia come non pericoloso - con CER 19 01 14, “ceneri leggere, diverse da quelle di cui alla voce 19 01 13” - che come pericoloso - con CER 19 01 13*, “ceneri leggere, contenenti sostanze pericolose” (nel catalogo europeo i rifiuti pericolosi sono caratterizzati dalla presenza dell’asterisco alla fine della terza doppietta di cifre).
Le ceneri pesanti e scorie. Anche questo rifiuto può essere classificato sia come pericoloso che come non pericoloso, con codice CER “a specchio”: CER 19 01 12, “ceneri pesanti e scorie, diverse da quelle di cui alla voce 19 01 11”; CER 19 01 11*, “ceneri pesanti e scorie, contenenti sostanze pericolose”.
Per derivazione e composizione, è dunque evidente che i rifiuti in questione sono tutt’altro che esenti da possibili rischi per la salute e per la salvaguardia dell’ambiente, dato che possono contenere sostanze pericolose.
Per classificare correttamente tali tipologie di rifiuto occorrerebbe un’attenta verifica analitica, per appurare appunto la presenza o meno di eventuali componenti pericolosi; le procedure analitiche da attuare sono descritte nella richiamata Decisione 2000/532/CE.
Le verifiche da effettuare, se correttamente ed esaustivamente svolte, sono molto onerose, per cui è avvenuto più volte, in diversi contesti, che qualche laboratorio “compiacente”, restringendo il campo di analisi, abbia “aiutato” le aziende a classificare tali rifiuti come non pericolosi, consentendo così uno smaltimento notevolmente vantaggioso in termini economici, a discapito della tutela dell’ambiente e della salute pubblica.
Ma c’è di più. Le operazioni di “recupero” delle ceneri derivanti dagli inceneritori di RSU sono consentite solamente per le ceneri pesanti qualora classificate come non pericolose (CER 19 01 12) e comunque possono essere effettuate solamente nel rispetto di specifiche condizioni normative.
Nel caso in esame, le procedure attuabili per il recupero di rifiuti non pericolosi sono indicate nel DM 05/02/1998, decreto dedicato in particolare alle specifiche per il recupero di rifiuti non pericolosi in procedura semplificata (ex art. 216 D.lgs. 152/2006), che però rappresenta comunque la norma tecnica di riferimento.
La tipologia di rifiuto non pericoloso, “recuperabile” ai sensi del citato decreto, è dunque rappresentata dalle “ceneri pesanti” CER 19 01 12, come riportato nel punto 13.3.3 dell’Allegato 1 – Suballegato 1. La norma prevede che, in caso sia stata adeguatamente caratterizzata come non pericolosa, una cenere pesante può essere recuperata solamente dai cementifici, mentre non sono contemplate le industrie di prodotti ceramici.
Nel caso di ceneri classificate come pericolose, siano esse pesanti o leggere, la norma di riferimento, il DM 161/2002, non contempla la possibilità di alcuna operazione di recupero.
Le procedure operative di recupero che intende attuare SAXA GRES non trovano quindi applicazione nella norma, ma nonostante ciò - e nonostante la prima “bocciatura” del progetto nel contesto del procedimento di Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) presso la Regione Lazio, proprio per le motivazioni sopra esposte - la Regione Lazio ha deciso comunque di percorrere la via sperimentale, emanando la Determinazione n. G13381 del 14/11/2016 (del Direttore della Direzione Regionale Governo Ciclo dei Rifiuti, Arch. Demetrio Carini) ad oggetto: “Pronuncia di Valutazione di Impatto Ambientale ai sensi dell'art. 23 del D.Lgs. 152/2006 e s.m.i. progetto Impianto per la produzione di ceramiche con recupero di scorie da termovalorizzazione di RSU presso l'esistente impianto sito in località Selciatella, Anagni, Proponente SAXA GRES srl . Registro elenco progetti n. 54/2014. Modifica in autotutela della determinazione G08462 del 22/7/2016”.
Occorre rilevare che nel sito della Regione Lazio non è reperibile la determinazione G08462 del 22/07/2016, con cui l’Area VIA si esprimeva in merito all’attività presentata da SAXA GRES. È invece reperibile la determinazione G13381 del 14/11/2016, del medesimo Direttore, nel cui dispositivo si legge: “DETERMINA - Per quanto riportato in premessa che integralmente si richiama: di dichiarare concluso negativamente il procedimento per il rilascio della Autorizzazione Integrata Ambientale ex art. 29 ter del D.lgs. 152/2006 di cui all’istanza della SAXA GRES srl P.IVA e C.F. 02806440604 con sede legale ed operativa in loc. Selciatella snc in comune di Anagni (FR), per l’esercizio di una attività di recupero di scorie da termovalorizzatore di rifiuti urbani nell’ambito della produzione di ceramiche.”
Ricapitoliamo. In prima istanza il procedimento di autorizzazione ambientale si conclude in maniera negativa. Poi il progetto, con qualche integrazione, rientra sorprendentemente in pista, bypassando il divieto della normativa attraverso una fase sperimentale monitorata da un’Università.
Delineato il quadro tecnico-amministrativo, si possono finalmente riprendere i leciti dubbi lasciati in sospeso, che implicano a loro volta ulteriori domande.
Perché un impianto che dovrebbe produrre dei materiali ceramici di dubbia qualità, in quanto miscelati con rifiuti (anche pericolosi), dovrebbe avere un mercato migliore di un impianto che produceva prodotti ceramici di qualità (o quantomeno non contenenti rifiuti pericolosi), che però è fallito?
Il nuovo prodotto sarà tracciabile con adeguata evidenza, cioè il cittadino che per sua scelta decidesse di acquistare materiale ceramico proveniente da SAXA GRES, sarà adeguatamente informato che tale prodotto contiene rifiuti (anche pericolosi)?
Supponiamo che la composizione del prodotto sia corretta e trasparente. Quale cittadino sano di mente comprerebbe, magari per “piastrellare” il bagno, un prodotto contenente rifiuti pericolosi, anche se venisse proposto a costi notevolmente inferiori a quelli del prodotto “pulito”?
Perché, se la norma non contempla la possibilità di “recuperare” le ceneri e le scorie, soprattutto se pericolose, la Regione Lazio “si lancia” in un’improbabile sperimentazione?
A fronte di tutto ciò, quali benefici effettivi apporterebbe tale produzione alla popolazione della Ciociaria, in particolare di quella che risiede nell’alta Valle del Sacco?
Quanti posti di lavoro durevoli può portare un’azienda del genere?
Non sarà piuttosto che, non potendovi essere un fondato rientro economico assicurato dalla produzione di materiali ceramici, qualcuno è interessato esclusivamente allo smaltimento di ceneri e scorie, anche e soprattutto pericolose, provenienti dagli inceneritori di rifiuti solidi urbani, sparsi in tutta Italia?
Vuoi vedere, allora, che si sta per realizzare, per via traverse, l’ennesima discarica, a martoriare un ambiente e una cittadinanza che da anni continua a subire abusi indiscriminati a causa di scelte strategiche di pianificazione territoriale vantaggiose solo per una ristretta cerchia di beneficiari?
Non è superfluo infine rammentare che un’analoga attività di recupero di rifiuti era già stata attivata nel Comune di San Vittore del Lazio dalla Società LATERMUSTO, che alla fine degli anni ’90 mescolava rifiuti pericolosi nelle argille per produrre mattonelle. La Società, nel fallire, ha lasciato depositate in maniera incontrollata diverse tonnellate di materiale argilloso contaminato, provocando un vero e proprio disastro ambientale, con grave inquinamento di sostanze cancerogene nei terreni e nelle acque di falda, a tutt’oggi persistente.
Anagni, 17.12.16