Arpa Frosinone, la giustizia prima o poi arriverà
COMUNICATO STAMPA
RETE PER LA TUTELA DELLA VALLE DEL SACCO
Arpa Frosinone, la giustizia prima o poi arriverà.

Cominciamo dal ricordare alcuni fatti chiave. L’ex direttore di ARPA Frosinone, Vincenzo Addimandi, è arrestato nel settembre 2010, a fronte di elementi probatori molto pesanti, per diversi capi d’accusa, tra cui aver falsificato e indotto a falsificare gli esiti di rapporti di prova relativi a campioni di acque prelevati nel Rio Mola Santa Maria, affluente del fiume Sacco, nel territorio di Anagni. Addimandi viene sospeso per due mesi. Dopodiché, protetto dalla legislazione garantista, ricopre un nuovo incarico dirigenziale, a Roma, percependo circa 116.000 euro l’anno (dati 2011). Il processo volge al termine. Prossima udienza il 6 marzo.
Nonostante l’incarico di dirigente di sezione di Arpa Frosinone sia rivestito a un certo punto da una personalità a nostro avviso di valore, Ennio Zaottini, e oggi da Enzo Spagnoli, la sensazione è che non tramonti un sistema interno, una zona grigia tollerante con gli inquinatori o inefficiente, che peraltro ci sembra storicamente legata al dirigente sotto processo. Diversi fatti inquietanti interessano l’ente negli anni seguenti. Ci limitiamo a ricordare, tra gli ultimi, quanto si scopre lo scorso gennaio: a partire dal 2010 (serie di responsabilità dirigenziali da accertare) l’Arpa non ha comunicato agli enti competenti i risultati delle analisi sui piezometri, pozzi di controllo, della discarica di Cerreto, altamente inquinati. Fatto di una gravità inaudita, che ci auguriamo sia perseguito nelle sedi giudiziarie competenti e induca la Regione all’approfondito riesame della vigente autorizzazione.
Ma dall’arresto di Addimandi, ancora a tutti gli effetti innocente, sono passati tre anni e mezzo. Qualcuno si è chiesto se chi ha avuto il coraggio di testimoniare contro il dirigente non ne abbia magari subito le conseguenze? Qualcuno si è peritato di proteggere dal mobbing quotidiano chi cerca di far emergere la verità? E se la risposta è negativa, non risulta allora molto più comodo, cittadini del Frusinate, continuare a non denunciare nulla, nascondersi nelle opacità del sistema, farsi i fatti propri, starsene zitti, e magari poi scandalizzarsi scoprendo che qualcuno accanto a sé era o non era onesto perché l’hanno detto la TV e i giornali? Bisogna trarre alla fine queste considerazioni?
Veniamo all’indagine in corso sui 5 tecnici Arpa. Noi siamo sempre rallegrati da qualsiasi indagine che miri all’emersione di reati ambientali. E l’indagine scaturisce da lodevoli controlli sulle autorizzazioni ambientali. In particolare, non abbiamo alcun dubbio sull’operato anche in questo caso sicuramente inappuntabile della Forestale. Ma abbiamo la sensazione che qualcosa non torni.
In primo luogo, i 5 tecnici indagati sono noti alle stesse forze dell’ordine per essere tecnici di grande professionalità, punti di riferimento cui affidarsi entro un ente palesemente poco attendibile.
In secondo luogo, la notizia. Inviata e divulgata da un’agenzia di stampa fasulla. E che puzza lontano mille miglia di volontà di colpire propri quei tecnici. Ma già, alla maggior parte dei media questo non interessa. E’ comunque una notizia. Il fatto in sé, cioè l’indagine in corso che riguarda quei tecnici, è vero. Dunque perché cercare di scavare e a guardare oltre?
A prescindere dalle responsabilità che eventualmente le indagini evidenzieranno circa l’operato dei 5 tecnici (a nostro avviso è fantascientifico che essi abbiano favorito qualche azienda, siamo del tutto fiduciosi che lo rileveranno alla fine gli inquirenti), è giusto chiedersi a chi giova questa situazione.
Il “corvo” che ha spedito il falso comunicato stampa (benché vero relativamente al fatto dell’indagine in corso) da un’agenzia altrettanto fasulla, a nostro avviso è molto verosimile vada ricercato in quel sistema che, messo in pericolo dall’operato professionale dei tecnici, non vede l’ora di screditarli. Il messaggio che rischia di passare da questa situazione e che è funzionale al sistema è: tutti uguali dentro Arpa, sono tutti indagati. Il rischio dunque è confondere chi collabora a scardinare il sistema del reato ambientale con chi ne fa parte.
Non è superfluo ricordare che spesso le istituzioni non riescono a punire in sede di giudizio i grandi inquinatori, le assoluzioni eccellenti si sprecano. Ciò è intollerabile. Ma sarebbe ancora più paradossale che, magari del tutto in buona fede, si finisse per trovare il pelo nell’uovo per mettere fuori gioco gli onesti. Le limitate energie del sistema giudiziario non dovrebbero essere dirette al cuore del sistema? Alle figure dirigenziali, invece che ai pesci piccoli e scomodi?
Abbiamo impiegato e impieghiamo tantissima energia e tanta fatica per cercare, collaborando con le forze dell’ordine, di far emergere le illegalità ambientali. Ci sembra che oggi, in buona fede, si persegua una strada che si rivelerà clamorosamente infondata, magari tra qualche anno. E intanto?
Ci giungono voci che l’attuale dirigente di sezione, di Arpa Frosinone, Enzo Spagnoli, che ci sembra aver operato con grande serietà, e le oltre quattrocento pagine dell’inchiesta sul sistema Cerroni del Colonnello De Caprio e dei suoi collaboratori descrivono come l’unico dirigente di settore temuto dal Supremo Manlio, sia prossimo ad abbandonare la direzione dell’ente. Nel caso, difficile dargli torto, essere direttore di una sezione in queste condizioni alla fine è logorante. E c’è da chiedersi allora che farà il commissario straordinario di Arpa Lazio, da ben sette anni in carica, che nella stessa inchiesta sul sistema Cerroni gioca al momento un ruolo senza dubbio meno eroico. Quale sarà il suo apporto a tale ingarbugliata situazione?
E qui si apre un tema che trascende la sezione di Frosinone dell’Arpa. L’Amministrazione regionale dovrebbe iniziare a pensare seriamente ad una soluzione definitiva in luogo del commissariamento. È necessario un forte cambiamento. Bisogna sottrarre alla politica le nomine dirigenziali di Arpa, introducendo procedure concorsuali interne, basate su titoli e competenze accertabili, con supervisioni internazionali, tali da assicurare indipendenza e terzietà a questi ruoli tanto importanti per il corretto funzionamento di istituzioni al servizio del bene comune.
Chiediamo alle Procure di far luce fino in fondo a tutto il calderone Arpa. C’è bisogno di pulizia. E speriamo si pulisca ciò che è veramente da pulire.
Valle del Sacco, 22 febbraio 2014
9 APRILE, SIT IN A MONTECITORIO PER I DIRITTI NEGATI

Comunicato Stampa Coordinamento Valle del Sacco
Il 9 Aprile 2013 il Coordinamento Valle del Sacco parteciperà con una sua delegazione al sit-in indetto da NOWAR e Peacelink dinanzi al palazzo di Montecitorio, a partire dalle ore 10.00 del mattino.
Dato che in quella data ci sarà il pronunciamento sull'incostituzionalità del cosiddetto “Decreto salva ILVA”, avverso il quale è doveroso precisare che “la Costituzione sancisce e garantisce il diritto alla salute dei cittadini", così come il lavoro, che ora si trovano paradossalmente sui due piatti della bilancia giudiziaria. Questo è il prezzo che ha pagato negli anni anche la Valle del Sacco...così come Taranto e numerose altre situazioni territoriale nel nostro paese.
Il decreto inoltre mette in luce un inedito "scontro istituzionale" sulle tematiche ambientali. A Taranto un Ministro che esautora d'imperio le decisioni di un magistrato, nella Valle del Sacco un continuo di veti e scontri incrociati, in particolar modo sul tema rifiuti, tra Commissari, Ministro e rappresentanza elettiva.
L'adesione a tale iniziativa nasce da un ben più profondo legame che unisce i cittadini del Salento, avvelenati dai fumi dell'Ilva e degli altri impianti ivi presenti, a quelli della Valle del Sacco, anch'essa storico sito industriale, ora chiamati a confrontarsi con le scomode eredità ambientale lasciata dagli impianti che hanno, negli anni, abusato e stuprato questi territori.
Una connessione che questa partecipazione intende ribadire, rafforzando ancor più il fronte di coloro che chiedono giustizia ambientale, dopo anni di barbari sversamenti, pratiche illecite e pericolose, tanto per l'ecosistema che per i cittadini residenti.
Un messaggio ancor più importante da rilanciare oggi, a seguito dei nuovi e recenti attacchi che il dimissionario Governo Monti, nella triste figura del suo Ministro per l'Ambiente Corrado Clini, continua a perpetrare ai danni dei territori, a partire del declassamento di molte località, tra cui la Valle del Sacco, da Sito di Interesse Nazionale (SIN) a Sito di Interesse Regionale (SIR), per giungere alla parossistica gestione dell'emergenza rifiuti romana, senza dimenticare l'infame tentativo di autorizzare i cementifici all'incenerimento di rifiuti, classificati quali Combustibili Solidi Secondari (CSS).
Nonostante le motivazioni siano diverse e molteplici, la lotta che unisce Taranto e la Valle del Sacco è la stessa: la difesa dell'ambiente e della salute dei cittadini, prima di ogni profitto, prima di ogni sfruttamento economico.
Il 9 Aprile, a Montecitorio, invocheremo a gran voce: GIUSTIZIA!
Taranto-Valle del Sacco, 5 aprile 2013
Dato che in quella data ci sarà il pronunciamento sull'incostituzionalità del cosiddetto “Decreto salva ILVA”, avverso il quale è doveroso precisare che “la Costituzione sancisce e garantisce il diritto alla salute dei cittadini", così come il lavoro, che ora si trovano paradossalmente sui due piatti della bilancia giudiziaria. Questo è il prezzo che ha pagato negli anni anche la Valle del Sacco...così come Taranto e numerose altre situazioni territoriale nel nostro paese.
Il decreto inoltre mette in luce un inedito "scontro istituzionale" sulle tematiche ambientali. A Taranto un Ministro che esautora d'imperio le decisioni di un magistrato, nella Valle del Sacco un continuo di veti e scontri incrociati, in particolar modo sul tema rifiuti, tra Commissari, Ministro e rappresentanza elettiva.
L'adesione a tale iniziativa nasce da un ben più profondo legame che unisce i cittadini del Salento, avvelenati dai fumi dell'Ilva e degli altri impianti ivi presenti, a quelli della Valle del Sacco, anch'essa storico sito industriale, ora chiamati a confrontarsi con le scomode eredità ambientale lasciata dagli impianti che hanno, negli anni, abusato e stuprato questi territori.
Una connessione che questa partecipazione intende ribadire, rafforzando ancor più il fronte di coloro che chiedono giustizia ambientale, dopo anni di barbari sversamenti, pratiche illecite e pericolose, tanto per l'ecosistema che per i cittadini residenti.
Un messaggio ancor più importante da rilanciare oggi, a seguito dei nuovi e recenti attacchi che il dimissionario Governo Monti, nella triste figura del suo Ministro per l'Ambiente Corrado Clini, continua a perpetrare ai danni dei territori, a partire del declassamento di molte località, tra cui la Valle del Sacco, da Sito di Interesse Nazionale (SIN) a Sito di Interesse Regionale (SIR), per giungere alla parossistica gestione dell'emergenza rifiuti romana, senza dimenticare l'infame tentativo di autorizzare i cementifici all'incenerimento di rifiuti, classificati quali Combustibili Solidi Secondari (CSS).
Nonostante le motivazioni siano diverse e molteplici, la lotta che unisce Taranto e la Valle del Sacco è la stessa: la difesa dell'ambiente e della salute dei cittadini, prima di ogni profitto, prima di ogni sfruttamento economico.
Il 9 Aprile, a Montecitorio, invocheremo a gran voce: GIUSTIZIA!
Taranto-Valle del Sacco, 5 aprile 2013