FLASH MOB INCENDIO IMPIANTO PRESELEZIONE CDR ACEA
COMUNICATO STAMPA RETE PER LA TUTELA DELLA VALLE DEL SACCO
Flash Mob incendio impianto preselezione CDR di ACEA A.R.I.A. , i cittadini chiedono ……

prima si è giustificato dicendo che la colpa non era degli inceneritori - quindi il problema non esiste - e poi ha tranquillizzato tutti affermando che non c’era pericolo alcuno. Le foto a noi pervenute affermano il contrario e cioè che la nube era anche sopra le teste dei cittadini di Colleferro oltre che di Paliano, Anagni e supponiamo anche dei Comuni dell’Alta Valle.

I cittadini invece fanno lavorare il cervello e una delle proposte interessanti lanciate sul web è l’installazione di pannelli luminosi ambientali che potrebbero avere una molteplice funzione, oltre a quella di avvisare la cittadinanza nelle situazioni di emergenza: potrebbero aiutare la comunicazione in relazione alle numerose criticità a cui la Valle è interessata. Una sorta di Green Point, già utilizzato in altri città.
Non dimentichiamo che nella Valle del Sacco insistono 21 aziende a rischio di incidente rilevante - legge Seveso Bis - sulle 69 della Regione Lazio; 7 solamente su Anagni, e non vogliamo nemmeno immaginare cosa sarebbe successo se l’incidente fosse avvenuto presso una di queste. Questo incidente non è dovuto a fatalità ma è il prodotto della gestione da parte di ACEA di tutto il ciclo produttivo di trattamento del materiale per il CDR, che notoriamente è a rischio costante di incendio, e della totale mancanza di quei dispositivi che si debbono attivare per bloccare sul nascere ogni episodio di combustione. Si tratta di un impianto del quale da tempo erano state segnalate le inadeguatezze e la pericolosità in un sito prossimo all’abitato.
Non può essere assolutamente messa in dubbio la tempestività e l'operato dei Vigili del Fuoco di Frosinone, qualche perplessità rimane però su alcune dichiarazioni che sarebbe stato opportuno lasciare agli organi di competenza. Per quanto riguarda i certificati prevenzione incendi dello stabilimento sarebbe utile sapere se ne sia stata rispettata l'applicazione, visto che per questo tipo di impiantistica la logica, e a parer nostro anche la regola, impongono che un incendio non debba assolutamente propagarsi.
Inoltre si è percepita l’assenza di un coordinamento per l’emergenza in cui la Protezione Civile potrebbe avere un ruolo fondamentale, ma che nel caso specifico crediamo non ne sia stato chiesto l’intervento.
Per tornare alla Seveso Bis le aziende dovrebbero essere dotate di piani di emergenza come da normativa, ma cosa dire della rispondenza alla legge per quanto riguarda le competenze delle amministrazioni locali? Non ci risulta che gli articoli di legge siano rispettati. Tra di essi ad esempio ci sono la completa informazione alla cittadinanza sui rischi che può correre e sulle procedure da seguire in caso di incidente, le strade da lasciare libere o i punti di raccolta. Sfidiamo chiunque a renderci noto se è a conoscenza dei piani di emergenza esterni. Riteniamo oltremodo che la normativa attuale dovrebbe essere rivista ed integrare tra le aziende a rischio anche quelle legate al ciclo dei rifiuti. Ciò, secondo le nostre conoscenze, avviene per gli inceneritori relativamente alla sicurezza interna, ma non per gli impianti in cui i materiali risiedono e vengono lavorati, come ad esempio impianti di TMB, discariche, centri di raccolta.
Riprendendo il discorso della nube tossica, ci piacerebbe sapere cosa abbiamo respirato nel tempo intercorso tra l’inizio del propagarsi dell’incendio e lo spegnimento, ipotizzabile in 7 ore, visto che molte persone dormivano con le finestre aperte a causa del
caldo. L’ARPA Lazio sta monitorando solo ora le possibili ricadute di diossine, IPA e PCB sul luogo dell’incidente e attraverso le centraline di Anagni e Colleferro, ma non pensiamo riesca a determinare cosa possa essere successo nel tempo predetto. Una possibile informazione, su Colleferro, si sarebbe potuta ottenere se, come da accordo di gestione degli inceneritori stipulato tra Comune e Gaia, fosse stata installata la centralina di rilevamento per le ricadute al suolo a carico della gestione degli impianti.

A Colleferro l’amministrazione ha ritenuto opportuno non applicare nessuna ordinanza, dietro rassicurazioni degli organi competenti, tenendo conto però che alcuni di loro ora stanno effettuando rilievi attraverso le centraline locali. La domanda che ci poniamo è: se ora si ritiene opportuno verificare possibili ricadute, non è logico che qualcosa si sarebbe dovuto fare mentre la nube nera circolava liberamente nella Valle del Sacco? Le foto che numerosi cittadini hanno scattato parlano chiaro e dall’alto la percezione è che l’area interessata fosse molto diffusa.

Un esposto al momento ci sembra la miglior via percorribile per giungere ai responsabili del disastro a far pagare loro questo ennesimo scempio perpetrato al nostro territorio.
Invitiamo tutti a mantenere alta la guardia e a riferire qualsiasi anomalia di carattere ambientale.
Nei prossimi giorni grazie all’impegno di quanti hanno dato vita al flash mob si terrà una assemblea nella quale cittadini ed associazioni condivideranno le informazioni e le decisioni sulle iniziative da intraprendere, prioritariamente per un’azione diretta sulla chiusura definitiva dell’impianto di Castellaccio e una bonifica dell’ex area industriale lasciata nell’incuria per anni.
Valle del Sacco, 23 giugno 2013
“CASO ADDIMANDI”, LA PRESUNZIONE DI INNOCENZA NON CALPESTI I DIRITTI DELLA COMUNITA'
COMUNICATO STAMPA
RETE PER LA TUTELA DELLA VALLE DEL SACCO
CODICI
RETE PER LA TUTELA DELLA VALLE DEL SACCO
CODICI
Nel settembre del 2010, emerse all’attenzione dell’opinione pubblica una delle pagine più nere della cronaca provinciale e regionale relativa
agli enti deputati al controllo dei reati ambientali. Il Direttore ARPA della sezione di Frosinone, Vincenzo Addimandi, fu accusato, a fronte di elementi probatori molto pesanti, di aver commesso nell’esercizio delle sue funzioni una serie di gravissime irregolarità, in particolare di aver falsificato e indotto a falsificare gli esiti di rapporti di prova relativi a campioni di acque prelevati nel territorio di Anagni, che testimoniavano effetti inquinanti di origine industriale.
Il dirigente ARPA fu doverosamente sospeso, e cautelativamente confinato agli arresti domiciliari per circa due mesi. E si avviò il processo, tuttora in corso - in cui CODICI AMBIENTE è presente come parte civile - che si spera giungerà ad accertare eventuali responsabilità in tempi utili, grazie ad alcuni dipendenti ARPA, che al silenzio e l’omertà di convenienza hanno preferito la scomoda e coraggiosa esposizione personale.
Lascia esterrefatti quanto successe subito dopo.
Pur con il processo in corso, l’ARPA si è presa la non leggera responsabilità di allontanare il dirigente da Frosinone promuovendolo.
Vincenzo Addimandi, scaduti gli arresti domiciliari, è stato infatti nominato Dirigente Responsabile della Divisione Ambiente e Salute regionale, risultando, tra l’altro, a fronte di un’intensa attività, il terzo dirigente ARPA per emolumenti nell’anno 2011, per complessivi 116.388,39 € (dati ARPA). Non discutendo le capacità tecniche del dirigente, ci chiediamo come un ente pubblico possa considerare opportuno e compatibile con il principio della tutela del diritto alla salubrità dell’ambiente e alla salute dei cittadini la promozione di un dirigente sotto processo a seguito di seri elementi probatori relativi a presunti gravi reati. Fermo restando il principio di presunzione di innocenza, ci pare evidente fosse doverosa maggiore cautela da parte dell’ARPA e ci rammarichiamo del messaggio che una simile vicenda potrebbe veicolare alla società, soprattutto a chi ha avuto il coraggio di denunciare i presunti reati al vaglio dei magistrati.
Frosinone, 20.12.12
Il dirigente ARPA fu doverosamente sospeso, e cautelativamente confinato agli arresti domiciliari per circa due mesi. E si avviò il processo, tuttora in corso - in cui CODICI AMBIENTE è presente come parte civile - che si spera giungerà ad accertare eventuali responsabilità in tempi utili, grazie ad alcuni dipendenti ARPA, che al silenzio e l’omertà di convenienza hanno preferito la scomoda e coraggiosa esposizione personale.
Lascia esterrefatti quanto successe subito dopo.
Pur con il processo in corso, l’ARPA si è presa la non leggera responsabilità di allontanare il dirigente da Frosinone promuovendolo.
Vincenzo Addimandi, scaduti gli arresti domiciliari, è stato infatti nominato Dirigente Responsabile della Divisione Ambiente e Salute regionale, risultando, tra l’altro, a fronte di un’intensa attività, il terzo dirigente ARPA per emolumenti nell’anno 2011, per complessivi 116.388,39 € (dati ARPA). Non discutendo le capacità tecniche del dirigente, ci chiediamo come un ente pubblico possa considerare opportuno e compatibile con il principio della tutela del diritto alla salubrità dell’ambiente e alla salute dei cittadini la promozione di un dirigente sotto processo a seguito di seri elementi probatori relativi a presunti gravi reati. Fermo restando il principio di presunzione di innocenza, ci pare evidente fosse doverosa maggiore cautela da parte dell’ARPA e ci rammarichiamo del messaggio che una simile vicenda potrebbe veicolare alla società, soprattutto a chi ha avuto il coraggio di denunciare i presunti reati al vaglio dei magistrati.
Frosinone, 20.12.12