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Comunicato Stampa

Sin Bacino del fiume Sacco, la storia di Catalent non ci convince.


Comunicato Stampa Congiunto

Sin Bacino del fiume Sacco, la storia di Catalent non ci convince.

 

In seguito all’annuncio del ritiro dell’investimento di Catalent nello stabilimento di Anagni, la politica, a tutti i livelli, gran parte della stampa locale e nazionale, le categorie industriali e i sindacati ne hanno imputato la responsabilità esclusivamente alle lungaggini burocratiche dovute ai vincoli connessi al SIN Bacino del fiume Sacco. Da parte dei soggetti citati è giunta, quindi, la richiesta, unanime e pressante, di sospendere la perimetrazione del SIN con l’obiettivo di ridurne l’estensione per poter prospettare alle aziende l’ottenimento di autorizzazioni ambientali più rapide.


Abbiamo già espresso pubblicamente la nostra contrarietà a questa ipotesi perché riteniamo che il SIN con le azioni di bonifica che dovrebbe generare siano fondamentali per il risanamento ambientale di questo territorio gravato da anni di inquinamento industriale. Dalla dichiarazione dello stato di emergenza socio-sanitaria nel 2005 ci è voluto più di un decennio per giungere al nuovo perimetro del SIN, nel 2016, con inevitabile e conseguente spreco di risorse, anche umane e non solo economiche, sia per la definizione che per il raggiungimento dell’accordo quadro per l’attuazione siglato nel 2019 presso la Prefettura di Frosinone dall’allora Ministro dell’ambiente, Sergio Costa,  e dal Presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti. L’accordo quadro prevedeva la definizione di alcuni interventi prioritari, il monitoraggio di una parte delle acque sotterranee e la caratterizzazione delle aree ripariali. Tutte azioni che al momento risultano avviate solo parzialmente.

Ci è bastato consultare la stampa inglese per suggerirci un dubbio: la storia di Catalent, forse, può essere raccontata anche in un altro modo?

Che strano il mondo: paese che vai, proteste che trovi. In Italia, per la rinuncia di una multinazionale farmaceutica a causa di presunti ritardi burocratici, in Inghilterra per l’arrivo della stessa.

Secondo la stampa del Regno Unito, infatti, già dall’autunno del 2021 professori e ricercatori dell’università di Oxford erano contrari all’intenzione del Governo Johnson di vendere al migliore acquirente il Vaccine Manufacturing & Innovation Centre (VMIC) nell’Oxfordshire. La struttura, costata 200 milioni di sterline, era stata realizzata, ma non ancora completata, utilizzando fondi governativi e fondi derivanti da donazioni pubbliche raccolte durante la pandemia. Il progetto originario prevedeva la nascita di un centro di ricerca senza scopo di lucro. Secondo gli oppositori, le finalità fondanti del progetto VMIC sarebbero state tradite dall’intenzione di cederlo ad un’azienda farmaceutica. L’esecutivo guidato da Boris Johnson aveva tagliato corto alle critiche: “L’obiettivo primario del governo è garantire che il Regno Unito mantenga una forte capacità di produzione di vaccini nazionali”. C’era poi un altro bel problema: dopo aver speso 200 milioni di sterline, le sorti del VMIC di Oxford erano rimaste al palo, con la forte preoccupazione di aver messo su una cattedrale nel deserto, con una modalità ben nota, purtroppo, anche qui in Italia. La ricerca di una multinazionale che si facesse carico di completarne la costruzione e portasse a termine il progetto era di primaria urgenza per Johnson e colleghi, se non l’unica via di uscita. Tanto che un portavoce del Governo aveva ribadito che si stava operando per sostenere il consiglio di amministrazione del VMIC per perseguire la vendita. Il nuovo cda del VMIC si era insediato ad ottobre 2021 e a capo ci era finito Neil Jones, un manager di provata esperienza nel settore farmaceutico. Jones, tra gli altri incarichi, è stato anche direttore dello sviluppo aziendale in Europa di Catalent. E i giornali inglesi proprio a lui rimandano per l’avvio delle trattative con Catalent per l’acquisto del VMIC. Trattative che si sono concluse con l’acquisizione del sito di Oxford e la rinuncia dell’investimento nel sito di Anagni.

Quanto sopra affermato, trova riscontro, per esempio,  in  un articolo del 26 dicembre 2021 pubblicato su The Guardian a firma Michael Savage, https://www.theguardian.com/society/2021/dec/26/plans-to-sell-off-uk-vaccine-development-centre-criticised-by-scientists, sul quale  si legge che le trattative per l’acquisto del sito di Oxford risalgono almeno all’autunno del 2021.

“I Ministri (del governo inglese) erano stati esortati alla realizzazione di una struttura in grado di creare e testare rapidamente nuovi vaccini, ora sono forti le preoccupazioni per la vendita di un centro all’avanguardia, progettato per preparare la Gran Bretagna a future pandemie. Alcune figure mediche di alto livello hanno sollevato in privato la preoccupazione che i funzionari del governo stiano esaminando le offerte per il Vaccine Manufacturing and Innovation Center (VMIC), vicino a Oxford, che ha beneficiato di milioni di finanziamenti pubblici durante il suo sviluppo.”

Ed in effetti il 6 aprile esce il comunicato della società che annuncia l’acquisto del sito VMIC , https://biologics.catalent.com/catalent-news/catalent-acquires-facility-in-oxfordshire-to-expand-biologics-capabilities-in-the-uk-and-across-europe/

“SOMERSET, N.J. – 6 aprile 2022 – Catalent, leader globale nel supportare ai partner biofarmaceutici, cellulari, genetici e della salute dei consumatori nell’ ottimizzare lo sviluppo, il lancio e la fornitura di trattamenti migliori per i pazienti in più modalità, ha annunciato oggi l'acquisizione da Vaccine Manufacturing and Innovation Centre UK Limited (VMIC Ltd.) di un impianto di sviluppo e produzione di prodotti biologici attualmente in costruzione presso Oxford,  Regno Unito. Catalent prevede di investire fino a 160 milioni di dollari (120 milioni di sterline) per completare la costruzione della struttura e dotarla di risorse all'avanguardia per lo sviluppo e la produzione di terapie biologiche e vaccini, tra cui quelli basati su mRNA, proteine e altre tecnologie avanzate. Si prevede che la nuova struttura impiegherà più di 400 persone e sosterrà organizzazioni pubbliche e private che cercano di sviluppare e produrre bioterapie.”

Alla luce di quanto esposto, ci sembra doveroso proporre una diversa lettura della vicenda Catalent a chi risiede nei territori del SIN. È stata veramente la burocrazia connessa al SIN l’unica causa della rinuncia di Catalent?  O forse esistono ragioni politiche-economico-finanziarie mosse da chi, magari, non ne conosce neppure l’esistenza? Basta alzare lo sguardo dal nostro piccolo territorio per trovare altre ragioni? Che storia ci hanno raccontato? 
Ciliegina sulla torta: l’autorizzazione ambientale incriminata, ritenuta funzionale all’investimento di Catalent nello stabilimento di Anagni, è giunta pochi giorni dopo l’annuncio del trasferimento.
 
Valle del Sacco, 27.06.2022
 
Firmato:
Ass. Rete per la Tutela della Valle del Sacco
Circolo Legambiente Anagni
 

Processo Valle del Sacco per disastro ambientale, atto finale?


Comunicato Stampa Retuvasa

Processo Valle del Sacco per disastro ambientale, ultimo atto?
 

Si è tenuta il 17 giugno 2022 presso la Corte di Appello di Roma l’udienza finale del secondo grado di giudizio per il disastro ambientale della Valle del Sacco che dopo il primo grado vedeva la condanna a due anni dell’ex direttore della Caffaro SRL di Colleferro e il risarcimento delle parti civili, tra cui anche la nostra associazione, nelle diverse misure.

Un processo travagliato passato anche in Corte Costituzionale e che dopo 13 anni dal suo inizio vede una conclusione che lascia l’amaro in bocca.

Oggi viene confermata la condanna ma il reato cade in prescrizione per decorrenza dei termini per effetto della legge ex Cirielli. Quindi nessun colpevole accertato giuridicamente e annullati i risarcimenti.

Resta in piedi la possibilità di un ricorso alla Cassazione che valuteremo leggendo le motivazioni di questa ultima sentenza che verranno prodotte entro i 90 giorni dal pronunciamento.

La Giustizia nel nostro territorio, come lo è stato per il processo sugli inceneritori di Colleferro, anche questa volta dimostra che per i reati ambientali non è uno strumento affidabile, favorendo chi nel tempo ha commesso reati e, a pensar male, chi nel tempo a venire ne commetterà ancora.

Un sentito ringraziamento va alle forze dell’ordine che hanno portato avanti il loro lavoro con professionalità, serietà e dovere sociale e agli avvocati di parte civile che hanno seguito i cittadini.

Questo come tanti altri simili procedimenti dovrebbero indurre la politica parlamentare a prendere provvedimenti sullo stato della Giustizia italiana e far sì che la prescrizione dei reati sia idonea alla gravità dei fatti, ma ci rendiamo conto che la mancanza di volontà associata all'incapacità e, nel caso specifico dei reati ambientali il conseguente favoritismo alle lobby industriali, non sono cosa semplice da risolvere.
 
Valle del Sacco, 20.06.2022

 

SIN Bacino del fiume Sacco, la Regione Lazio in completa confusione.


Comunicato Stampa Congiunto

SIN Bacino del Fiume Sacco, la Regione Lazio in completa confusione.

 
Le intenzioni del Presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, comunicate all’assemblea generale di Unindustria, riguardo all’iniziativa congiunta con il Presidente del Consiglio Draghi e il Ministro Cingolani per giungere alla sospensione del decreto di perimetrazione del SIN “Bacino del fiume Sacco”, sono a dir poco inqualificabili e da intendersi come un affronto all’intelligenza della popolazione residente in un’area vasta come la Valle del Sacco.

Come comunità abbiamo partecipato e salutato con soddisfazione l’avvio del procedimento di nuova perimetrazione nel 2014, siamo stati pazienti per la firma del decreto di fine 2016, ancora di più per l’Accordo di Programma Quadro dei primi del 2019, per non dire della nomina di un commissario ad hoc per le operazioni di bonifica nel 2022. Ricordiamo che lo stato di emergenza socio-sanitaria che interessa ancora il territorio del SIN Bacino del fiume Sacco è attivo dal 2005.

Oggi con le intenzioni dichiarate dal Presidente Zingaretti e applaudite da Unindustria si torna indietro di ben 8 anni, il tutto condito dalle richieste lobbistiche della categoria industriale che avrebbe dovuto vigilare sull’operato dei propri associati. Il disastro ambientale che tutti conosciamo non ci è piovuto dal cielo: è originato dalle industrie e da un’idea di sviluppo industriale malata e predatoria. Aggiungiamo il ricatto dell’abbandono Catalent da Anagni utilizzato come cavallo di troia per rilanciare intenzioni politico economiche di de-perimetrazione nell’aria già da tempo.
È chiara, prevaricante e provocatoria l’intenzione di dimenticarsi del passato e chi sul territorio ha sofferto sulla propria salute il massiccio impatto industriale.

Le dichiarazioni mostrano anche una ignoranza abissale, la contaminazione delle aree ripariali e di quelle di esondazione non c'entrano nulla con la contaminazione endogena delle aree industriali, in particolare la situazione dell’area della Catalent, come altre, era nota da anni e sancita in base al dlgs 152/06 (T.U. ambiente). Nelle conferenze di servizi della vecchia perimetrazione e nelle caratterizzazioni della nuova, sono evidenti i gradi di contaminazione differenti per aree, per le quali è d’obbligo la giusta precauzione ed un’analisi approfondita. E’ necessaria una fotografia ambientale a colori del nostro territorio, non una in bianco e nero, una volta per tutte. Come sempre accade per le questioni ambientali si accusa l’eccesso di burocrazia, nascondendo le proprie responsabilità per non aver adeguato l’organizzazione e le risorse necessarie a gestire uno dei Sin più vasti del nostro paese ed il più complesso per la pluralità delle fonti di contaminazione provenienti dalle diverse aree industriali collocate lungo il fiume.

Quello che si sta pensando di fare, con tentativi di superamento delle normative nazionali ed europee, è un errore madornale che bisognerà anche valutare dal punto di vista giuridico amministrativo e di certo troverà l’opposizione di chi in questi anni con lo spirito collaborativo ed impegno ininterrotti ha profuso le proprie energie per cercare di trovare la soluzione del problema.
 
Valle del Sacco, 29 aprile 2022
 
Firmato:
Associazioni/Comitati
Associazione Rete per la Tutela della Valle del Sacco (ReTuVaSa)
Circolo Legambiente Anagni
Associazione Diritto alla Salute (DAS)
Associazione Big Brother Ambiente
Associazione Unione Giovani Indipendenti (UGI)/Scaffale Ambientalista
Associazione Anagni Viva
Movimento No Biodigestore Anagni
Circolo Legambiente Frosinone
 
 
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--LAZIO. ZINGARETTI: CHIESTA A DRAGHI SOSPENSIONE DECRETO PERIMETRAZIONE VALLE SACCO
(DIRE) Roma, 28 apr. - "Occorrono segnali chiari che segnino una nuova fase. Per questo la scorsa settimana abbiamo avviato un'iniziativa direttamente col presidente del Consiglio Draghi, il ministro Cingolani e tutto il governo: la Regione Lazio ha chiesto la sospensione, eccetto le aree ripariali, del decreto di perimetrazione del SIN del Bacino Valle del Sacco". Lo ha detto il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, intervenendo all'assemblea generale di Unindustria.
"Un decreto figlio di errori e illusioni che hanno finito nel tempo per bloccare tutto- ha aggiunto Zingaretti- Una sospensiva non per perdere tempo ma per definire in pochi mesi col territorio un perimetro che garantisca tutela, bonifica e rilancio produttivo. Un equilibrio tra sostenibilità e crescita, come ci chiede l'Europa".
(Mtr/ Dire)

 

Caffaro, Snia, Sorin, LivaNova: il delitto imperfetto.


Comunicato Stampa Retuvasa

Caffaro, Snia, Sorin, Liva Nova: il delitto imperfetto.
Possibili sviluppi economici per la bonifica della valle del Sacco?

 
 
Le attività di bonifica della valle del Sacco stanno procedendo lentamente rispetto all’Accordo di Programma Quadro sottoscritto agli inizi di marzo del 2019 con un orizzonte temporale al 2023, tra difficoltà oggettive in un SIN molto complesso e articolato, ma con responsabilità politiche sulle tempistiche di attuazione. Certo è che il 2023 è solamente il primo step a cui ne dovranno seguire necessariamente altri. 
Nel frattempo sono intervenuti fattori aggiuntivi che potrebbero in qualche modo dare nuova linfa economica per il prosieguo oltre la data stabilita e perché no una accelerazione.
La storia che andremo a raccontare è tanto complessa nella sua articolazione quanto interessante, tra movimentazioni societarie, furbetti del quartierino, procedimenti giudiziari extra territoriali, o meglio collegati al nostro territorio tramite la società Snia e la sua collegata Caffaro.
È necessario raccontare anche nel dettaglio al fine di cercare di rendere chiaro il più possibile quanto accaduto.
 
  1. Le ramificazioni societarie
La Snia acquisisce la BPD di Colleferro nel 1968, la SNIA a sua volta nel 1974 entra a far parte di Montedison che la acquista da Mediobanca, nel 1980 con il nome di Snia BPD viene acquisita da FIAT. nel 1998 Snia passa così sotto il controllo di Luigi Giribaldi e Cornelio Valetto, che attraverso il 30% societario e si ritrovarono azionisti di maggioranza. Nel 1999, è Emilio Gnutti a dirigere il gruppo, lanciando nel 2002 un'OPA sul 71% del capitale valutando l'intera società 950 milioni di euro. LA SNIA a sua volta diviene insolvente il16 aprile 2010, trascinata dalla insolvenza della controllata Caffaro, acquistata nel 2000.
 
  1. Il contenzioso civile: parte 1
In questo quadro societario il commissario straordinario della SNIA Spa in liquidazione e in amministrazione straordinaria a fine 2010 ha proposto azione di responsabilità con conseguente domanda di condanna nei confronti degli amministratori, sindaci e soci di riferimento, per un totale di n. 65 parti convenute e 24 terzi chiamati e con l’intervento ad adiuvandum del Ministero dell’ambiente, della tutela del territorio e del mare e del Ministero dell’economia e delle finanze, rappresentati dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Milano.[i]
 
Ma cosa succede in questo primo grado di giudizio?
Il tribunale di Milano con sentenza del 10 febbraio 2016 ha dichiarato inammissibile l’intervento ad adiuvandum del Ministero dell’ambiente e dal Ministero dell’economia e delle finanze, estromettendoli dal giudizio e inammissibile anche la domanda di risarcimento del danno ambientale proposta dal Commissario straordinario.
E non finisce qui, le parti vengono anche condannate al pagamento delle spese processuali stimate in 10mln di euro.
 
  1. Il contenzioso civile: parte 2
A questo punto si passa in Appello e la sentenza viene completamente riformata in relazione allo specifico danno ambientale provocato da Caffaro, di proprietà Snia, scissione Sorin, cessione a Liva Nova PLC[ii].
 
  1. Il contenzioso civile: parte 3
Il 28 ottobre 2021 viene portato a termine l’Appello con i riscontri dei CTU nominati per i tre siti interessati di Brescia, Colleferro e Torviscosa [iii].
 
Riassumendo la risposta ai primi 3 quesiti contenuta nella sentenza: €22.059.598,34 per riparazione primaria strutture industriali; €52.574.138,69 per riparazione primaria Valle del Sacco; €10.612.285,71; €1.202.304.42 per capitale fruttifero per pompaggio Area chetoni; per complessivi €86.448.327,16 (€453.587.327,48 in totale per i tre siti di Brescia, Colleferro, Torviscosa).  
 
Col quarto quesito, infine, la Corte ha chiesto ai consulenti di indicare “ove possibile e rilevante, quali fossero alla data del 2 Gennaio 2004 le condizioni di inquinamento dei siti in esame, con relative misure di riparazione, come sopra specificate, e con i relativi costi”.
Con riguardo al sito di Colleferro, i consulenti hanno risposto che “alla data in oggetto si ritiene che lo stato di inquinamento del sito in esame fosse del tutto analogo allo stato attuale, in quanto non si ravvisano sul sito di Colleferro o nella Valle del Fiume Sacco dopo tale data, attività di alcun genere da parte delle società riconducibili al gruppo SNIA”.
 
  1. Il contenzioso civile: riepilogo
La sentenza non definitiva, n.973/2019, afferma che SNIA, quale proprietaria delle aree e degli stabilimenti, gestore diretto e capogruppo delle società via via partecipate ed acquisite, e Sorin, limitatamente all’attivo conferito –ma senza alcuna limitazione temporale relativa all’epoca di produzione dei danni, compresi, perciò, oltre a quelli esistenti al momento della scissione, anche quelli successivi, poiché ampiamente prevedibili –devono ritenersi corresponsabili in solido dei danni arrecati nei tre predetti siti. Tuttavia, stante la pendenza della procedura di amministrazione straordinaria nei confronti di SNIA s.p.a., il predetto importo di €453.587.328,48, in moneta attuale, deve essere qui posto solo a carico di LivaNova P.L.C.
  1. Conclusioni
Una sentenza in Appello quella di Milano che apre un nuovo scenario nell’ambito della giurisprudenza sui reati ambientali, prevedendo però che Liva Nova PLC ricorra in Cassazione ed eventualmente alla Corte di Giustizia Europea,
 
Viene affermato il principio “chi inquina paga” anche a soggetti subentranti a chi ha realmente cagionato il danno.
Questa storia mette ancora in evidenza la spregiudicatezza del comparto finanziario del nostro Paese, sempre più spesso coinvolto in affari illeciti o sul filo del limite ammissibile al solo scopo di capitalizzare, distraendo grossi quantitativi di fondi economici a discapito finale di ignari cittadini.
Se tale situazione venisse confermata la bonifica della valle del Sacco potrebbe trovarsi a disposizione nuovi fondi anche se potrebbero rientrare nelle casse dell’erario in quanto utilizzati come “azione in danno”.
Sarebbe opportuno però che tali fondi, se dovessero entrare nelle disponibilità del MITE, venissero riversati per la bonifica dei territori che hanno subito ingenti danni socio-economico-ambientali non immediatamente quantificabili nel tempo. Pertanto è auspicabile che nello specifico della Valle del Sacco, i soggetti in gioco quali MITE e Regione Lazio si adoperino per rendere trasparente tutta l’operazione di recupero su Liva Nova PLC.
 
Valle del Sacco, 22 marzo 2022

Il Consiglio di Amministrazione della Società si compone di 13 membri (anno 2003)
 
Umberto Rosa, Presidente e Amministratore Delegato
Carlo Callieri, Vice Presidente
Leonardo Bossini, Consigliere
Giorgio Cirla, Consigliere
Umberto Colombo, Consigliere
Giovanni Consorte, Consigliere
Maurizio Dallocchio, Consigliere
Pier Giorgio Primavera, Consigliere
Mauro Gambaro, Consigliere
Emilio Gnutti, Consigliere
Tiberio Lonati, Consigliere
Andrea Pininfarina, Consigliere
Marco Vitale, Consigliere
 
 

[i] La prima richiesta e la più rilevante, sotto il profilo del danno cagionato, delle condotte censurate consiste in una omissione, protrattasi a far data dal 3 aprile 2000, che avrebbe esposto SNIA Spa alla responsabilità per tutti i debiti della controllata al 100 per cento società Caffaro Srl, conseguenti ai danni all’ambiente causati da quest’ultima nei tre SIN di Torviscosa, Brescia e Colleferro.
Altra rilevante condotta censurabile da parte di amministratori e sindaci della SNIA è rappresentata dalla cosiddetta «scissione distrattiva» della SORIN Spa. In parole semplici si ipotizza il dolo di BIOS che trasferisce in SORIN il comparto redditizio del biomedicale con grave pregiudizio per gli altri soci, i quali si trovano con patrimonio diminuito e impossibilitati a proseguire le attività. Da qui la richiesta di risarcimento danni.
 
 
[ii] La prima sezione del corte d’appello civile del tribunale di Milano nel giugno 2018 con sentenza del marzo 2019 accoglie la domanda di Ministero dell’Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare, del Ministero dell’economia e delle Finanze, della Presidenza del Consiglio dei Ministri dichiarando la corresponsabilità di Sorin, ora Liva Nova PLC, con Snia per gli interventi di riparazione ambientale sostenuti e da sostenere nei siti di Brescia, Colleferro e Torviscosa, stante l’inattività delle corresponsabili. Di fatto si chiede la riparazione del danno a Liva Nova PLC.
Dispone altresì la prosecuzione del giudizio per determinare tramite CTU collegiale: l’esatta dimensione dell’inquinamento dei siti di Brescia, Colleferro e Torviscosa, le necessarie misure di riparazione ambientale, l’esatta determinazione dei relativi costi di risanamento.
 
 
[iii] Il primo quesito posto ai consulenti è così formulato: “valutino i CTU l’esatta natura ed il grado del deterioramento ambientale provocato dalle aree interne ed esterne i SIN, siti industriali di Brescia, Torviscosa e Colleferro per cui è causa, dall’attività svolta dalle società riconducibili al Gruppo SNIA”.
In risposta, i consulenti hanno svolto una premessa metodologica, specificando che “è stata effettuata una disamina accurata e completa della vasta documentazione disponibile, con il fine di identificare, per ogni sito, i contaminanti di riferimento e se ed in che misura tali contaminanti siano connessi alle attività svolte delle società riconducibili al gruppo SNIA”. “Si è, inoltre, tenuto ben presente come il quesito non riguardi la definizione dello stato di contaminazione alla data attuale, che pagina compete alla progettazione di interventi di bonifica, ma richieda un esame dello stato di contaminazione fin dalla sua prima identificazione come ben dettagliato nella relazione”.
Per il Sin Valle del Sacco i tecnici si soffermano sulla secolare attività industriale del sito di Colleferro e sulla contaminazione diffusa da Beta-esaclocicloesano (BetaHCH) del sedimento del fiume con progressiva diminuzione di presenza del contaminante in relazione alla distanza del fiume, confermando il nesso causale tra attività industriale specifica delle società riconducibili al gruppo SNIA.
 
Col secondo quesito, la Corte ha chiesto indicarsi, “in relazione al deterioramento ambientale riscontrato nei tre siti, gli interventi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino delle aree (pubbliche e private) già realizzati dalle parti interessate”.
Con riguardo al sito di Colleferro, la risposta è che “gli interventi di bonifica e messa in sicurezza presso il sito industriale di Colleferro sono molteplici, ma non tutti sono di rilevanza per la contaminazione da pesticidi oggetto principale di questa analisi, e ancora meno sono quelle la cui competenza ricade in ultima istanza su SNIA e le società ad essa a vario titolo collegate”.
 
Col terzo quesito, la Corte ha chiesto “indicazioni in ordine alle misure di riparazione (primaria, complementare e compensativa, di cui all’allegato 3 alla parte sesta del D.Lgs.n.152/06) necessarie per l’integrale rimozione delle conseguenze prodotte dall’inquinamento e per il ripristino della piena fruibilità delle risorse e/o dei servizi naturali danneggiati, precisandone tipologia, oggetto, modalità, tempi di realizzazione e determinandone i relativi costi”.
Con riguardo al sito di Colleferro i consulenti precisano che “nel suo complesso la stima del danno ambientale per il sito di Colleferro-Valle del Fiume Sacco può essere suddivisa nelle seguenti parti: 1) riparazione primaria del sito industriale, per la porzione di competenza Caffaro-SNIA, 2) riparazione primaria della valle del Sacco, 3) riparazione compensativa, con particolare riguardo alla valle del Sacco.
 
Il punto 1) nella disamina dei periti risulta essere molto complesso ed articolato in quanto le attività portate avanti dall’ex Ufficio Commissariale sono state molteplici e riferite all’area Benzoino (completata), all’area ARPA1 (completata), all’area ARPA2 (programmata ma non realizzata), alla rete delle acque bianche (completata), all’area Chetoni-Feniglicina (da effettuare), all’area compresa tra Benzoino e ARPA1 (caratterizzata), alle attività di caratterizzazione-valutazione-manutenzione.
Una nota particolare si legge nella relazione e relativa ad ARPA2: “Tuttavia alla data odierna tale bonifica non è stata realizzata, e nell’ambito dell’Accordo di Programma Regione Lazio-MATTM del 2019 e successiva Rimodulazione ed Integrazione del 27 ottobre 2020, i relativi costi sono stati rivalutati (si veda più avanti) con una situazione incerta relativa al contributo SeCoSvIm che porta ad escludere tale contributo dal computo in questa sede, quindi con costi presunti totalmente a carico dell’erario.” Per completezza di informazione la SeCoSvIm avrebbe dovuto partecipare con l’80% dell’importo totale di € 8.765.402,82, che ora ricadrebbero totalmente a carico dell’erario.
Al punto 2) oltre agli altri costi ripresi dall’Accordo di Programma Quadro del 2019 e rimodulato il 27 ottobre 2020 merita attenzione il passaggio sul ripristino ambientale del letto del fiume Sacco che può avvenire solamente con dragaggio. Il costo per tale operazione a partire da Colleferro fino alla confluenza con il Liri viene stimato in poco meno di 44mln di Euro.
Al punto 3) si ripercorrono gli indennizzi alle attività zootecniche e i costi stimati per la coltivazione dei pioppi 

 

SIAMO RE.TU.VA.SA., ASSOCIAZIONE NON DOMESTICA NÉ ADDOMESTICATA


COMUNICATO STAMPA RETUVASA

SIAMO RE.TU.VA.SA., ASSOCIAZIONE NON DOMESTICA NÉ ADDOMESTICATA
 
 
 
I tre sindacati confederali della Provincia di Frosinone (https://www.alessioporcu.it/articoli/i-sindacati-si-schierano-con-il-green-e-con-saxa/) ci chiamano pesantemente in causa, in relazione ai progetti di Saxa Gres sul territorio di Anagni. Non possiamo non replicare, in particolare, alla seguente affermazione: “Siamo stanchi di associazioni domestiche che spaventano le aziende con atteggiamenti pretestuosi ed inutili, entrando nel merito di progetti complessi di cui non hanno alcuna conoscenza e competenza per intervenire”. Un’affermazione che è difficile non considerare superficiale e offensiva. Ma rispondendo non intendiamo alimentare la polemica; al contrario, intendiamo fare chiarezza e promuovere un dialogo, quantomeno potenzialmente, costruttivo.

In primo luogo, non possiamo non rammentare alcune (e solo alcune) delle azioni dispiegate in 13 anni di attività, a puro titolo di volontariato, sottraendo tempo al nostro lavoro e alle nostre famiglie nel tentativo di costruire il bene della Comunità. Azioni richiedenti notevoli e molteplici conoscenze e competenze, distribuite tra i membri dell’Associazione.

Alcune azioni “costruttive”

Partecipazione, in maniera propositiva, a tutte le attività del SIN “Valle del Sacco”, dalla sua istituzione ad oggi; costante contributo alle conferenze dei servizi che ne hanno definito la nuova perimetrazione; informazione alla cittadinanza sulla natura del SIN e sulle ragioni della sua istituzione, sulla sua essenziale funzione per la difesa della salute e dell’ambiente;

Partecipazione attiva al coordinamento nazionale dei SIN, nonché delle azioni dei Comitati e delle Associazioni che agiscono nei territori dei SIN;
Organizzazione di incontri pubblici su modelli di sviluppo sostenibile per il territorio, ad esempio quella con partecipazione del direttore culturale del distretto di Essen (Ruhr);

Organizzazione di incontri pubblici di informazione alla cittadinanza con enti come Regione Lazio, Istituto Zooprofilattico di Lazio e Toscana, DEP Lazio;
Collaborazione con la Fondazione Kambo alla costruzione di un Master Plan per la Valle del Sacco (con forte partecipazione, tra l’altro, delle associazioni di categoria degli industriali e dei sindacati confederali);

Realizzazione di numerosi progetti di educazione ambientale nelle scuole;

Partecipazione a decine di eventi televisivi e a cronache e approfondimenti nelle testate giornalistiche (ad esempio, TG1, TG2, TG3, RAI News, Le Jene, Report, Repubblica TV, Extra TV, Lazio TV, Il Fatto Quotidiano, Il Messaggero, Il Tempo, Il Manifesto, Ciociaria Oggi, Extra TV, Lazio TV);
Partecipazione, con le nostre testimonianze a progetti editoriali come "Così ci uccidono" di Emiliano Fittipaldi, "Malaterra" di Marina Forti, "Roma come Napoli" di Nello Trocchia.

Alcune azioni “di contrasto”

Azioni e osservazioni procedurali contro aeroporto di Frosinone, che si sono rivelate decisamente fondate;
Azioni e osservazioni procedurali contro progetto di incenerimento di car fluff, proposto da Marangoni ad Anagni, poi non autorizzato;
Azioni e osservazioni procedurali contro rinnovo inceneritore pneumatici Marangoni ad Anagni;
Azioni e osservazioni procedurali contro inceneritori e rinnovo/ampliamento discarica di Colleferro, sempre ammessi nei ricorsi al TAR;
Partecipazione al progetto di urbanizzazione dell'attuale parco del Castello Vecchio a Colleferro, divenuto in seguito un importante patrimonio pubblico;
Partecipazione a numerose attività e mobilitazioni nei territori di Ferentino, Frosinone, Ceccano, Ceprano, Patrica;
Partecipato al processo Valle del Sacco come parte civile.

Naturalmente, le azioni “costruttive” e “di contrasto” sono strettamente collegate, cospirano a un unico disegno, un modello di sviluppo autenticamente sostenibile per la Valle del Sacco, capace di elevare la qualità della vita, promuovere il benessere e l’occupazione, tutelare la salute della popolazione.

Le conoscenze e le competenze presenti nell’associazione sono sempre state in dialogo e condivise con quelle di esperti esterni di varia provenienza, comportando in genere lunghe e faticose attività di studio. Ci piace almeno ricordare la collaborazione con la Prof.ssa Margherita Eufemi, che tanto ha contribuito a chiarire gli effetti del beta-HCH sulla salute umana. La condivisione delle conoscenze specialistiche, in un processo di apprendimento progressivo da parte dei cittadini, ha aperto inoltre la possibilità di raccogliere e chiarire le esperienze di vita dei cittadini stessi, che sono usciti così dall’isolamento, costruendo cultura, solidarietà e partecipazione democratica. In questo ci sentiamo eredi della migliore tradizione sindacale.

Riteniamo che i sindacati svolgano un ruolo fondamentale, tutelando i diritti dei lavoratori. E non possiamo non apprezzare la sollecitudine e la preoccupazione espressa in riferimento ai lavoratori impegnati nel processo produttivo in questione. Tuttavia, ci sembra che i sindacati, in questa e in altre ancor più plateali occasioni (15 posti di lavoro nell’inceneritore di pneumatici Marangoni, con tutte le conseguenze che tale impianto ha comportato), rischino essi stessi una deriva decisamente “domestica”, nonché “addomesticata” agli interessi e ai capitali di turno. Parcellizzare le vertenze sindacali perdendo di vista l’insieme è un tragico errore storico dell’operato sindacale nella Valle del Sacco, come illustra il recente libro di Annamaria Mariani, in collaborazione con docenti dell’Un. di Roma Tre, edito dall’Associazione Oltre l’Occidente, “Realtà identitarie smarrite. Rilettura della evoluzione dei modelli antropologici in Ciociaria dagli anni Cinquanta ad oggi”. Come ieri l’industria ha portato benessere solo apparente, lasciandosi dietro il deserto per tante altre opportunità lavorative (per non parlare delle conseguenze ambientali ed epidemiologiche), oggi la “Transizione ecologica” rischia di diventare la nuova Cassa del Mezzogiorno, se le attività produttive promosse non costituiranno un’economia autenticamente circolare e se produrranno forti impatti per l’ambiente e la salute, inficiando altri settori occupazionali.

Per questo abbiamo promosso una riflessione, definita “vertenza per la Valle del Sacco”, su cui vogliamo ricreare mobilitazione, cooperazione e co-progettazione tra tutti i soggetti economici, sociali ed istituzionali della nostra Valle. I sindacati, animati da autentico spirito di dialogo e privi di pregiudizi e riduzionismi, dovrebbero costituirne parte integrante.

Sui progetti di Saxa Gres, sono agli atti le motivazioni della nostra opposizione e di quelle rappresentate dal prezioso contributo di altre Associazioni e Comitati. La condivisione delle conoscenze e il pubblico confronto costituiscono un nostro fondamento metodologico. Al confronto pubblico invitiamo chiunque abbia qualcosa da dire e intenda esprimere le proprie ragioni.

Saluti solidali.

Valle del Sacco, 03.08.2021

 

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